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Articoli 11 settembre: un giorno come altri?
Il racconto di uno studente italiano




11 settembre: un giorno come altri?

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 11 settembre: un giorno come altri?

Sono ormai passati anni da quel terribile giorno ma ancora oggi, ripensandoci, sento lo stesso brivido che sentii allora lungo la schiena: l'incubo di una guerra.
<%'ADV_ORGANIZER 1.0 | formato, categoria, base, altezza, unico, disposizione, voto, dove, numero,tipo,refresh,output response.write(organize_adv(0,categoria,468,60,176,,9,,1,1,1,)) %> Prima di ricevere la notizia dell'attentato ero chiuso in camera a pensare ad una situazione personale, ero triste e depresso; in quel mentre trovavo la mia condizione davvero insopportabile, ero assorto nei miei pensieri e nemmeno ora saprei spiegare perché feci quello che stavo per fare.
Generalmente non sono solito guardare il televisore, ma chissà per quale oscuro motivo, quel giorno decisi di accenderlo; ricordo come ora che la prima immagine visualizzata sullo schermo era quella di un grattacielo, fu solo un istante, cambiai subito canale, volevo vedere qualcosa che mi distraesse dai miei problemi; nel premere i pulsanti del telecomando mi accorsi che tutte le reti trasmettevano a reti unite la stessa sequenza di immagini: l'attentato alle torri gemelle. Quando venni a sapere del fatto ero solo in casa, non avevo nessuno con cui confrontarmi, nessuna voce amica a tranquillizzarmi: solo io e le fredde immagini della televisione. Dopo un istante lo stupore fece spazio al terrore e il cuore, che si era come paralizzato, iniziò a battere forte. Rapidamente, senza pensare, corsi fuori a guardare il cielo e a cercare un qualcosa che non c'era... quando distolsi gli occhi da quella sconfinata massa azzurra, prima ancora di potermi voltare verso terra, sentii il cellulare squillare; teso com'ero, in mezzo al silenzio della campagna, sobbalzai a quel suono così acuto. Nell'estrarlo dalla tasca mi scivolò dalle mani e cadde a terra. Dopo averlo raccolto risposi, era mia madre, trafelata e spaventata che mi avvisava dell'accaduto, non mi aveva dato il tempo di parlare, mi disse che stava correndo a casa. Terminata la chiamata, senza un pensiero preciso nella mente tornai con gli occhi sbarrati e senza proferir parola in cucina. Una volta entrato appoggiai la mano sinistra sul televisore che, sullo sfondo di quelle tragiche immagini cicliche, dava a poco a poco informazioni sull'accaduto. La porta era aperta e il cielo sempre lì, azzurro e pieno di bianche nubi come tutti i giorni. Gli Stati Uniti sono stati colpiti nel fulcro del loro potere ed il cielo, nella sua imponenza, perdurava nel suo eterno silenzio di fronte alla meschinità dell'uomo. Fu allora che capii quanto ero fortunato e non viceversa come credevo un'ora prima, fu allora che capii quanto l'essere umano è fragile e indifeso di fronte al suo destino.

 

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