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Il
narvalo, la sua zanna e l'origine di un mito
Peculiarità di un fantastico animali via via sempre più raro
La famosa zanna
La vera e propria caratteristica che ha reso famoso il narvalo è senza ombra
di dubbio la sua dentatura. Questo animale è infatti dotato di due soli
denti sulla mascella lunghi appena qualche centimetro nella femmina ma, nel
maschio, quello dell'arcata sinistra, in continua crescita, raggiunge
l'incredibile lunghezza di 3 m. Questo dente è orientato in avanti ed
emergendo dalla gengiva si sviluppa in tutta la sua lunghezza con un
andamento a spirale sinistrorsa assumendo l'aspetto di un unicorno. Questi
denti quindi non sono certo funzionali per mangiare, infatti i narvali si
servono delle possenti mandibole per afferrare le loro prede per poi
ingoiarle intere.
Per molto tempo la funzione del dente del narvalo è rimasta un mistero. Fino
a poco tempo fa alcuni studiosi pensavano si trattasse di un'arma per
attaccare gli altri narvali o persino le imbarcazioni, altri ritenevano che
gli animali lo usassero per creare dei fori di respirazione nel ghiaccio, o
ancora, per arpionare il cibo. Ipotesi che hanno da sempre lasciato molti
dubbi tra gli scienziati: infatti innanzitutto i narvali nono sono animali
aggressivi e inoltre se il dente servisse per poter respirare sotto il
ghiaccio o per procacciare il cibo anche le femmine dovrebbero possederlo.
Una piccola parte di studiosi sosteneva invece che la zanna fosse
semplicemente una peculiarità legata al sesso come ad esempio i bargigli del
gallo. Grazie alla ricerca sempre più specializzata sono stati scoperti
circa 10 milioni di terminali nervosi superficiali sul mitico corno del
cetaceo. Questi nervi permettono all'animale di percepire i cambiamenti di
temperatura e di pressione.
La leggenda dell'unicorno
Corre l'anno 1655 quando Olao Wormius pubblica nel "Museum Wormianum" un
abbozzo impreciso di un grosso cetaceo dal lungo corno attorcigliato a
spirale. È in questo modo che crolla il mito dell'unicorno, il maestoso
cavallo selvaggio dal bellissimo corno sulla fronte, magico abitante delle
zone inospitali dell'India, dell'Etiopia e dell'Arabia.
Ma come è cominciato tutto?
Le zanne del narvalo furono importate da alcune popolazioni siberiane e,
successivamente, dai vichinghi nell'Europa continentale nel Medioevo. Le
capacità magiche da subito attribuitegli a quel tempo, in particolar modo la
capacità di neutralizzare i veleni, lo resero un materiale prezioso e
ricercato. I mercanti cominciano a fantasticare raccontando di un bellissimo
animale, nella mentalità occidentale un cavallo, dal lungo corno sulla
fronte. Ma la leggenda attecchisce anche in Asia: riferimenti a un
misterioso e magico animale dal portentoso corno frontale si ritrovano con
numerose sfumature e varianti in moltissime culture. Alcuni parlano di una
capretta, altri di un cervo; in Arabia nasce il mito dell'al-mìradj, una
sorta di lepre gialla, l'abath malese; il bulan, simile al rinoceronte
nell'immaginario collettivo, diventa famoso presso i popoli altaici; il
camphur scaturisce invece dalla fantasia degli indonesiani; e ancora nasce
il kilin cinese, simile ad un'antilope o a un cervo, che trova il suo
corrispettivo nel kirin in Giappone. Tutte queste magiche creature sono
accomunate da una sola cosa: il prezioso e prodigioso corno frontale.
Quando in Europa si diffonde il cristianesimo il mito dell'elegante animale
si trasforma e assume dei significati allegorici molto forti: famosa è la
leggenda secondo la quale l'unicorno, feroce e indomabile cavallo, può
essere ammansito solo da una vergine, dalla quale viene allattato e condotto
al palazzo del re. Ma se la ragazza non è davvero vergine e l'unicorno lo
scopre, la uccide brutalmente.
Con l'avvento della stampa e l'inizio delle esplorazioni geografiche anche
in luoghi freddi e insidiosi, quando finalmente alcuni studiosi raffigurano
il vero aspetto dell'animale, uno sgraziato cetaceo con un lungo dente, i
prezzi del famigerato corno scendono improvvisamente e l'avorio da questo
ricavato perde tutti i suoi mistici poteri.
E se al nord artico il narvalo è fonte della leggenda dell'unicorno,
all'equatore un altro animale alimenta la fervida fantasia dell'uomo: si
tratta del rinoceronte, scoperto poco dopo il narvalo e a cui si deve
probabilmente la consueta raffigurazione dell'unicorno occidentale simile,
cioè, a un cavallo.
Ma nonostante la scoperta dei due reali animali da cui tutto ha preso il
via, la leggenda dell'unicorno ormai consolidata nell'iconografia e
nell'immaginazione europea continua ancora oggi a vivere e a entusiasmare
migliaia di bambini. |