Carme 72
Dicebas quondam solum te nosse Catullum,
Lesbia, nec prae me velle tenere Iovem.
Dilexi tum te non tantum ut vulgus amicam,
sed pater ut gnatos diligit et generos.
Nunc te cognovi: quare etsi impensius uror,
multo mi tamen es vilior et levior.
"Qui potis est", inquis? Quod amantem iniuria talis
cogit amare magis, sed bene velle minus.
Traduzione:
Un tempo dicevi di amare soltanto Catullo,
o Lesbia, e per me di non volere l'abbraccio di Giove.
Allora ti amai, non solo come il volgo l'amante,
ma come il padre ama i suoi figli e i suoi generi.
Ora ti ho conosciuta; perciò anche se brucio più forte,
tuttavia mi sei molto più vile e leggera.
"Come è possibile?", dici. Perché tale offesa costringe
l'amante ad amare di più, ma a volere meno bene.
Catullo in questo carme distingue l'amare (ovvero l'ardere per
la passione, come fa il volgo) dal voler bene (come fa un
padre verso i figli e i generi, si noti infatti diligo, che
indica scelta, dunque unione spirituale); Lesbia lo ha tradito, ma lui
la ama ancora più intensamente, tuttavia per lui ora lei vale molto
meno, le vuole meno bene. Il voler bene è espressione dell'amore
matrimoniale, basato sulla fides, ora rotto dall'amata. Si noti
la forte contrapposizione tra il passato, reso lontanissimo dal
quondam iniziale, e il presente, tra il tempo della felicità e
quello della tristezza.
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