Il personaggio storico
Personaggio di primo piano nella storia di Roma, tanto che comunemente
gli anni in cui dominò sulla scena politica vengono denominati "età di
Cesare"; anche nella letteratura egli occupa un posto di rilievo: in
lui, forse più che in qualsiasi altro autore, l'attività
politico-militare e quella di scrittore appaiono strettamente e
intimamente connesse.
La vita
Gaio Giulio Cesare nacque a Roma nel 100 a. C. Apparteneva alla gens
Iulia, di antica origine patrizia, ma era anche legato da rapporti
di parentela con Mario e con Cinna, cioè con gli esponenti più
importanti del partito dei populares.
A esso diede tutto il suo appoggio quando, dopo la morte di Silla (78a.
C.), Intraprese l'attività forense, impegnandosi in particolare nella
battaglia per la piena restaurazione (che avvenne nel 70 a. C.) Della
tribunicia potestas, cioè delle prerogative dei tribuni della plebe,
che Silla aveva, di fatto, vanificato.
Questore nel 68 a. C., Edile nel 65 a. C., Nell'anno 63 a. C. Riuscì ad
assicurarsi la carica, che veniva conferita a vita, di pontefice
massimo, battendo competitori più anziani e influenti. Nel medesimo
anno, nella seduta del Senato presieduta dal console Cicerone in cui si
decise la sorte dei seguaci di Catilina arrestati a Roma, si pronunciò,
adducendo motivi legalitari, contro la proposta di condannarli a morte
senza processo; prevalse però la tesi contraria, soprattutto per il peso
decisivo del discorso di Catone.
Pretore nel 62 a. C. In Spagna, provvide egregiamente a "pacificare" la
provincia con spedizioni vittoriose contro le popolazioni confinanti
(che sottomise fino all'Atlantico) e a rimpinguare le proprie sostanze.
Tornato a Roma nel 60 a. C., Stipulò con Pompeo e Crasso un accordo
privato di collaborazione politica (il primo triumvirato) e fu eletto
console per il 59a. C. Forte del favore popolare, attuò tutte le misure
concordate con Pompeo e Crasso, senza che il Senato riuscisse a
opporglisi: fu approvata una legge agraria a favore sia dei veterani di
Pompeo, sia dei proletari che fino ad allora non avevano beneficiato
delle distribuzioni dell'agro pubblico; furono ratificati tutti i
provvedimenti presi da Pompeo in Oriente dopo la vittoria su Mitridate;
a partire dall'anno successivo al consolato, poi, Cesare si fece
assegnare per cinque anni il governo proconsolare della Gallia e
dell'Illirico.
Nel 58 a. C., Affidato il controllo della situazione a Roma al tribuno
della plebe Publio Clodio, Cesare partì per la Gallia. Prendendo
inizialmente occasione da movimenti migratori e ostilità reciproche fra
tribù celtiche e germaniche, che avrebbero potuto minacciare la
provincia romana, intraprese una serie di spedizioni vittoriose oltre i
confini. Esse si conclusero nel 52 a. C. Con la sottomissione di tutta
la Gallia dopo che Cesare si era assicurato, al convegno di Lucca del
56 a. C., La proroga del comando per altri cinque anni. L'organizzazione
dell'immenso territorio conquistato lo impegnò ancora fino al50 a. C.
Intanto a Roma la reazione contro il partito di Cesare, iniziata già nel
57 a. C. Con il richiamo di Cicerone dall'esilio ad opera di Pompeo,
acquistò maggior forza per l'improvvisa scomparsa di Crasso (sconfitto
e ucciso a Carre, durante una campagna contro i Parti, nel 53 a. C.)
El'uccisione di Clodio, nel 52 a. C. Poiché era evidente che Cesare
mirava a un potere assoluto fondato sull'esercito, Pompeo si fece
campione della legalità repubblicana e dell'autorità del Senato. E il
Senato, ai primi di gennaio del49 a. C., Intimò a Cesare l'ultimatum:
se non avesse congedato l'esercito, sarebbe stato considerato "nemico
pubblico": Cesare non obbedì all'ordine e con il passaggio del Rubicone
diede inizio alla guerra civile, entrando in Italia con truppe armate.
Assicuratosi facilmente il controllo dell'Italia e di Roma, abbandonata
da Pompeo (che passò in Oriente per organizzare la resistenza), Cesare
lo affrontò e lo sconfisse a Farsàlo, in Grecia, nel 48 a. C. Le
successive tappe del conflitto, che continuò anche dopo la morte di
Pompeo in Egitto, furono le battaglie di Tapso, in Africa, nel 46 a. C.,
E di Munda, in Spagna, nel 45 a. C.
Dopo la vittoria, Cesare dimostrò chiaramente di non voler seguire gli
esempi di Mario e di Silla: il condottiero che in Gallia non aveva
esitato a sterminare intere popolazioni fu imprevedibilmente mite con i
suoi avversari nella guerra civile. Non compilò liste di proscrizione,
impedì ai suoi seguaci ogni forma di vendetta, fu largo nel concedere il
suo perdono (uno dei primi a beneficiarne fu Cicerone).
La meritata fama di clemenza che egli si acquistò, e alla quale una ben
orchestrata azione di propaganda diede il massimo risalto, non fu
tuttavia sufficiente a far accettare senza contrasti il programma di
riorganizzazione dello Stato e di riforme istituzionali che egli fece in
tempo soltanto ad avviare. La reazione della nobiltas senatoria,
che egli non seppe prevedere e prevenire, sfociò nella congiura che gli
costò la vita, il 15 marzo del 44 a. C., Ma che non fermò il processo di
trasformazione della res publica in impero.
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