Formazione e carriera politica
Marco Tullio Cicerone nasce ad Arpino nel 106 a.C. da famiglia ricca ma non nobile.
Compie i suoi studi a Roma dove si avvicina all'epicureo Zenone e allo stoico Diodoto.
Non si dedica però solo alla retorica
e alla filosofia, ma frequenta anche il foro, dove segue le orazioni di personaggi politici
illustri come Marco Antonio,
Crasso,
Giure Consulto Scevola; grazie a quest'ultimo e ad un suo parente conosce
Attico, che diventa amico e dedicatario dell'epistolario di Cicerone.
Nell'89 a.C. inizia la sua carriera forense: dopo aver dato servizio
militare scrive alcune orazioni, come la Pro Quinzio e la
Pro Sexto
Roscio Amerino. Nel 79 a.C. si reca in Grecia e in
Asia Minore. Qui frequenta le scuole filosofiche ad
Atene e la
scuola di retorica di Apollonio a Rodi (in Asia Minore), imparando così due stili
retorici:
- l'asiano, ricco, ampolloso, magniloquente, ridondante e ricco di figure retoriche;
- il rodiese, estremamente scarno, conciso, essenziale, breve e
sintetico.
Torna poi a Roma e si sposa con Terenzia, nascono Tullia e Marco; nel 75 a.C. inizia
la carriera politica. Acquistata la carica di questore in Sicilia, scrive orazioni contro Verre (le
Verrine, Verre era un dilapidatore di ricchezze della Sicilia); diviene
in seguito edile,
pretore e infine nel 63 a.C. console; come tale scopre la congiura di Catilina e pronuncia in senato le quattro famose catilinarie. Il suo orientamento politico era conservatore, sosteneva gli optimates,
ovvero
senatori e cavalieri (egli apparteneva infatti a questo ceto), era un difensore della
repubblica, in opposizione ai populares che trovavano appoggio in Crasso
e Cesare. Accusa poi Clodio fratello di Clodia (la Lesbia di Catullo), il
quale viene però assolto per intervento di Cesare; nel 60 a.C. c'è il primo triumvirato e
per questo Cicerone si ritira dalla politica per un certo periodo;
nel 58 a.C. Clodio riesce a far approvare la legge che prevedeva di esiliare chi aveva condannato i catilinari senza appellarsi al popolo:
questa è la causa dell'esilio di Cicerone in Grecia.
In seguito ritorna,
e si avvicina politicamente ai triumviri: scrive un'orazione, la De Provinciis
Consolaribus, in cui afferma che era importante che Cesare continuasse a essere console in Gallia.
Dopo un breve periodo come proconsole in Sicilia, Cicerone si trova
disorientato dallo scoppio della guerra civile tra Cesare e Pompeo, in quanto è
indeciso al fianco di chi schierarsi: dapprima appoggia Pompeo, poi quando Cesare vince, lo loda e scrive
orazioni perchè Cesare perdoni gli ex-pompeiani (come Marcello e Ligario); tende
in seguito
a ritirarsi dalla vita politica e dedica gli anni che gli restano alla
filosofia; divorzia dalla moglie, muore la figlia Tullia.
Più avanti si fa tentare a
partecipare e ad intervenire in politica: dopo l'uccisione di Cesare appoggia i
congiurati, ma, quando Ottaviano riprende il potere, si avvicina a quest'ultimo
e attacca Antonio (le Filippiche, pesantissime, lo descrive
come un ubriacone in senato, prende
spunto dalle orazioni di Demostene contro Filippo di Macedonia). Infine Ottaviano e
Antonio si riappacificano, ma il primo della lista di proscrizione che
Antonio richiede è Cicerone. Nel 43 a.C.
lo decapitano e pongono la sua testa nel foro come monito.
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