Vita e formazione
Luigi Pirandello nasce nell'anno in cui viene ucciso il padre di Pascoli,
nel 1867, a Girgenti,
ovvero Agrigento. Il padre Stefano era un garibaldino e fu un padre
rigido, tanto che anche in età adulta Pirandello ebbe sempre un rapporto molto difficile
con il padre che forse aveva sorpreso con
un'amante. Solo più avanti nell'età, lo scrittore diverrà più indulgente con il
padre. La madre era invece figlia di patriotti
anti-borbonici, e con lei instaurò un rapporto molto migliore, furono sempre
in sintonia, al punto che lei
stessa lo spingerà alla letteratura. La famiglia era agiata, poiché era
proprietaria di una
miniera di zolfo ma nonostante questo la situazione non era molto stabile
date le grandi spese in cui si avventurava il padre. Quest'ultimo inoltre
spingerà il figlio a sposare la figlia di un suo socio, Antonietta Portulano,
donna per nulla incline alla
letteratura, e con cui non andrà mai d'accordo.
Nel 1891 si reca a Roma per seguire un corso all'università a giurisprudenza ma
ben presto la
lascia per dedicarsi a lettere. Ivi conosce Capuana. In seguito, per dei malintesi con il
rettore è costretto ad andarsene, e si andrà a laureare a Bonne (Germania)
portando una tesi sul dialetto di Girgenti. A Bonne, inoltre, conosce una donna per la quale
scrive Le elegie renane, su modello delle Elegie romane di
Goethe. La relazione finisce per il ritorno a Roma di Pirandello. A volte
tornerà a visitare la
Sicilia, anche per conoscere Antonietta che più avanti porterà con sé a Roma.
Nel 1893 pubblica Marta Majala, e in seguito L'esclusa (1901):
è la storia di una donna cacciata dal marito che sostiene di essere stato
tradito, lei si difende ma è costretta ad andarsene; trova un'amante per
davvero, ma il marito si convince che era innocente e la riaccoglie in casa. Si
intravede già la sua ideologia: la vita non è basata su certezze ma sulle
convenzioni sociali e sul relativismo.
In seguito ad un allagamento di una zaffara il padre perde tutti i beni
suoi e del figlio, inclusa la dote: ciò creerà squilibri psichici nella moglie
di Pirandello, il quale negli ultimi periodi si rassegnerà a chiuderla in una casa di
cura: era convinta che il marito la tradisse con la figlia, la quale tentò addirittura di suicidarsi.
Scrive Il fu Mattia Pascal, novelle, articoli e dà lezioni; scrive Si
gira..., poi Quaderni di Serafino Gubbio operatore: storia di un cameraman,
che riprende una scena in cui una tigre, che doveva attaccare un attore, lo
divora per davvero, ma
lui continua a girare la scena e da allora ha come un blocco psicologico, diventa come un
automa.
Nel 1916 inizia la fase teatrale che ha ben presto un successo internazionale:
Pensaci Giacomino!, Li o là, Cosi è se vi pare, Il
berretto a sonagli e Il gioco delle parti, I sei personaggi in
cerca d'autore (1921), Enrico IV (1922) e Ciascuno a suo modo.
Nel 1923 pubblica le Novelle per un anno, raccolta delle novelle
precedenti. Nel 1924 si iscrive al Partito Fascista, scrivendo una
lettera aperta a Mussolini in cui afferma di avere fiducia nel fascismo e di
vederlo come un movimento anarchico e patriottico: ne è in sostanza
entusiasta, anche se in seguito i rapporti con Mussolini diverranno più freddi.
Rimarrà iscritto anche perché il figlio era in guerra ed era stato fatto
prigioniero, e Pirandello farà di tutto per farlo liberare.
In questo periodo conosce Marta Abba e dal 1926 inizia la stagione del
surrealismo pirandelliano: scrive Uno, nessuno e centomila (romanzo), La
nuova colonia (opera teatrale), Lazzaro (opera teatrale) e I
giganti della montagna (ultima opera teatrale incompiuta). In questo periodo
Pirandello si rivolge al mondo dei simboli. Il surrealismo è primariamente una
corrente artistica più che letteraria: l'obiettivo è spiegare il mondo non
tramite la ragione ma tramite la parte irrazionale e pre-razionale dell'uomo (come
il periodo infantile). Le tre opere teatrali sono anche chiamate miti o
parabole, poiché si tratta di storie che attingono alla dimensione inconscia e del sogno.
In questo periodo viaggia molto e nel 1934 riceve il Nobel per la letteratura.
Muore nel 1936, chiedendo che le sue ceneri fossero disperse al vento o messe in
un'urna vicino a dove era nato, la zona del Caos o Cavuso (termine
dialettale per indicare un bivio a Y).
"Bruciatemi. E il mio corpo, appena arso, sia lasciato disperdere; perché
niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non si può fare
sia l'urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella
campagna di Girgenti, dove nacqui."
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