Il De brevitate vitae, il De Ira e altri Dialoghi
I Dialogi (o in italiano Dialoghi) sono un'opera suddivisa in dodici libri,
in cui Seneca parla in prima persona e a differenza dei Dialoghi di Cicerone, non vi è
ambientazione storica, né fattore drammatico, ovvero: gli interlocutori
non sono molti, vi è solo un personaggio che si rivolge ad un tu, a
volte indefinito, dedicatario
piuttosto lontano. Si tratta di dialoghi vivaci in cui si immagina che l'interlocutore ponga domande e
pensieri diversi.
- Consolatio ad Marciam, opera scritta prima dell'esilio a Marcia,
donna dell'alta società romana che aveva sofferto per la morte del figlio;
tra le fonti più importanti di questo dialogo vi è la letteratura greca e il De consolatione philosphiae
di Cicerone, è infatti un'opera molto letteraria;
inizialmente porta esempi di personaggi greci e latini di persone che hanno
perso i figli, prosegue dicendo che la morte non è male né per la filosofia epicurea
né per quella stoica e infine descrive l'apoteosi del figlio accolto dal nonno Cremuzio Cordo (chiara
l'ispirazione al Somnium Scipionis);
- Consolatio ad Helviam matrem; dedicata a sua madre Elvia,
scritto mirato a consolarla dal suo esilio; anche qui vi è una struttura argomentativa: l'esilio
non è male perché è solo un mutamento di luogo, ma la patria del saggio è il
mondo intero, è cosmopolita; porta anche qua esempi di donne
coraggiose che hanno sopportato l'esilio di parenti; la esorta a trovare
gioia in altri affetti e negli studi;
- Consolatio ad Polybium, scritta durante l'esilio per la morte del
fratello di Polibio, collaboratore di Claudio; Seneca desidera che Polibio
convinca l'imperatore a riappacificarsi con lui, per questo il tono è
fortemente encomiastico;
- De ira, in tre libri combatte l'ira mostrandola come passione
funesta; nel primo libro sostiene che offusca e ottenebra la ragione, nel
secondo propone i rimedi e nel terzo porta esempi di persone prese dall'ira (tra
i quali Caligola);
- De brevitate vitae, scritto nel 49 d. C., al rientro dall'esilio;
Seneca in questo dialogo sostiene che vita, si uti scias, longa est
ovvero, la vita, se sai usarla, è lunga;
esalta la vita contemplativa in opposizione a quella degli indaffarati che non si accorgono di vivere; si differenzia dagli epicurei per
il fatto che è giusto vivere giorno per giorno ma solo pensando che potrebbe
essere l'ultimo;
- De vita beata, opera in due parti; la prima parte è teorica:
Seneca spiega quale sia la vita beata secondo lo
stoicismo, il vivere secondo natura (seguendo la ragione), dunque il sommo bene è la virtù
non il piacere; nella seconda parte entra in polemica contro chi gli
contestava di essere ipocrita, poiché non viveva secondo i principi che egli
stesso proponeva; Seneca risponde di non parla di
sé ma della virtù, attacca i suoi stessi vizi;
- De tranquillitate animi, scrive per Sereno gli chiede aiuto perché in crisi spirituale, Seneca fa una grande analisi psicologica
dell'anima; sostenendo l'importanza dell'impegno politico
attivo;
- De otio, sempre indirizzato a Sereno ma questa volta Seneca
afferma che il saggio si deve
impegnare nella vita politica ma solo se lo stato gli permette di fare
questo; e poiché lo stato ottimale non è facile da trovarsi, egli dovrebbe
ritirarsi dalla vita pubblica;
- De provvidenza, risponde a Lucilio che gli aveva chiesto perché
quale motivo i mali arrivassero anche ai buoni; Seneca risponde ponendo il
problema sotto il profilo di prove;
- De constantia sapientis, altro scritto per Sereno in cui si
tratta del saggio, che non viene intaccato dalle
offese per la sua superiorità;
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