- Tasso: la produzione teatrale e l'Aminta -
 
 Scritto da: VeNoM00
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Il teatro in Tasso

La produzione teatrale di Tasso è composta di tragedie e di una favola pastorale. Le tragedie più importanti sono Re Torrismondo e il Rogo Amoroso, mentre la favola pastorale si intitola Aminta.
È importante notare il ruolo del coro nell'Aminta (si veda ad esempio dal verso 656, atto I, scena 2). Nelle opere teatrali di Manzoni il coro sarà detto cantuccio lirico, ed è un mezzo dell'autore per esprimere le proprie idee traendo spunto dalla vicenda. Tasso commenta l'azione, esalta l'amore, l'innocenza primitiva e originaria dell'uomo e critica l'onore che ha inquinato l'amore istintivo. L'amore naturale si trovava nell'età dell'oro. La condanna dell'onore diventa critica alla società moderna, che ha messo paletti e limiti alla libertà umana.

L'Aminta

La favola pastorale, l'Aminta, è una tragicommedia, sviluppo drammatico (una trasposizione teatrale) dell'egloga pastorale antica: componimenti in poesia nati in Grecia con Teocrito, dal tema pastorale. Il tema era però idealizzato, le fatiche e gli aspetti negativi della vita pastorale venivano del tutto tralasciati: egli descriveva ad esempio il pastore che porta a pascolare il gregge, sedendosi di tanto in tanto ad ascoltare e a godersi la natura. Virgilio nelle sue bucoliche prenderà esempio proprio da Teocrito.
La favola è sostanzialmente simile ma trasposta in scena; si tratta di una tragicommedia perchè non è del tutto una commedia, infatti le situazioni non sono comiche e lo sfondo non è realistico; è dunque in parte tragedia e in parte commedia, affronta temi seri in uno sfondo favoloso e il finale è lieto pur essendoci nello sviluppo della storia delle parti tragiche.
Aminta è un pastore innamorato di una ninfa, Silvia, votata ad Artemide, dea della caccia. La storia inizia con il rapimento da parte di un satiro di Silvia, che ha intenzione di violentarla, ma Aminta, su consiglio di Dafne, amica di Silvia, era andato in cerca di lei per dirle che la amava. Così salva la sua amata ma lei scappa, e il pastore nell'inseguirla trova le sue vesti sporche di sangue. Disperato, pensando che Silvia sia morta, si butta da una rupe, ma non muore. Arriva Silvia (in realtà ancora viva), e si rende conto di quanto Aminta la amasse, decidendo così di ricambiare.
La favola fa riferimento al mito di Orfeo ed Euridice, in cui si narra che Aristeo volesse violentare Euridice che fuggendo muore morsa da un serpente, segue poi la parte del mito a tutti nota.
La favola è scritta come tributo alla corte estense, infatti dietro ad ogni personaggio si cela un personaggio che la frequentava. I modelli sono Virgilio ma anche Catullo, Ovidio, Lucrezio ed Euripide (per l'aspetto tragico). Il metro è il verso settenario per le parti liriche e poetiche, e l'endecasillabo per le parti narrative.
Il tema principale è l'amore che attraversa la morte, ma non si ferma, lo attraversa soltanto. Il nucleo centrale della poetica sono l'amore e la morte dunque; l'amore è presentato attraverso Aminta e Silvia, e Tirsi (pastore amico di Aminta) e Dafne, che vivono un amore più saggio rispetto a quello passionale e distruttivo della prima coppia.
È interessante che il satiro affermi chiaramente di non essere brutto, ma Silvia non lo ama perchè è povero. L'autore crea così un parallelismo tra l'amore e l'oro con l'intento di criticare la società cortigiana per la quale scrive.
 


Ritratto di Tasso a figura intera
 
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