Riflessioni
Panico, angoscia, paura. Fin da subito "L'urlo" trasmette
inquietudine, l'osservatore ne è come rapito, risucchiato, quasi depredato
della propria stabilità ed equilibrio. La composizione, fortemente
improntata sul pensiero esistenzialista, si propone arricchita da un certo
gusto prospettico e vagamente figurativo, le pennellate si estendono rapide, impetuose,
ognuna delle parti compositive ha un suo moto: il ponte rigido e lineare, il
cielo infuocato da onde luminose, il fiordo mosso da vorticose ellissi. La
struttura di legno identifica simbolicamente la linea di divisione tra
realtà e percezione, tra vita e morte. Mentre i più guardano la strada
(metafora del vivere comune) senza accorgersi degli stravolgimenti che ad un
passo nascono, si sviluppano e muoiono, solo l'artista ha la facoltà
di cogliere ciò che sta oltre il recinto, oltre i luoghi comuni;
interessante notare che anche chi guarda
il quadro viene inevitabilmente incluso nell'area prospettica del mondo comune. Solo una
sensibilità più sviluppata può cogliere lo "stacco" tra vita e non vita, gli
altri, immersi nella banalità del quotidiano (si vedano i due accompagnatori
a sinistra), non possono nè vedere nè capire lo sconvolgimento della scena;
i personaggi di sfondo mantengono quindi integralmente sembianze e
proporzioni umane. La figura in primo piano
ha invece fattezze spaventevoli: un teschio ben visibile, occhi grandi, mani
lunghe e ossute, un corpo inconsistente, "spettrale", quasi a voler
richiamare l'avvento della morte. Il turbamento di questo protagonista
è tale da fargli spalancare gli occhi, la bocca e urlare; il suono non è
udibile ma inquietante, reso immediato e vivo attraverso
l'artefatto della luce che, come un abbaglio, penetra nel profondo della
mente dell'osservatore attonito. A partire da questa grave entità è
poi possibile proseguire l'indagine verso l'oscurità: poco più in alto ci si
trova a fronteggiare toni la cui incostante forma attrae ed è attratta verso un
unico inevitabile centro: l'oscurità, la morte. In contrapposizione alle
tonalità luttuose passano nella parte superiore, quasi separate, aree
caratterizzate da colori molto caldi (giallo, arancione e rosso) simbolo di
un dolore intenso e protratto per tutto l'arco della vita (colto in prima
persona dal pittore che venne particolarmente segnato dalla sofferenza della sorella, affetta
da tubercolosi). Nonostante ciò la sofferenza (il rosso) è quasi
completamente separata dal concetto di morte (il nero), come se si trattasse
appunto di cielo e terra, consequenziali, adiacenti ma separati. Per
dipingere l'opera Munch sfrutta un'occasione offertagli da un fatto realmente accaduto
(come egli stesso racconta): mentre passeggiava in compagnia di
amici la visione di un cielo rosso sangue e giallo fuoco lo fece trasalire,
rimase preda di puro terrore, angoscia; in quel momento aveva sentito
il lungo straziato grido della natura, un richiamo tanto intenso da
coinvolgere senza possibilità di scampo tutti gli elementi circostanti.
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