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Scritto da: VeNoM00 | Discuti sul FORUM
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Il manierismo
Rapidità e prontezza della Maniera Nuova

Siamo nel XVI secolo e Carlo V estende i suoi domini su tutto l'impero e quindi anche in Italia (persino le repubbliche indipendenti sono fortemente influenzate). Carlo si prende cura della difesa del Mediterraneo dagli ottomani, coprendo le spese con le ricchezze provenienti dal nuovo mondo. L'Italia proprio per via di questi commerci perde importanza ma non artisticamente, in quanto i nuovi canoni elaborati a Firenze e in seguito a Roma si diffondo in tutta Europa.
Questo periodo è definito Manierismo o età della maniera che al tempo indicava semplicemente la parola modo, veniva ad esempio utilizzata per indicare la maniera antica e moderna. Vasari, storico e artista del tempo ci fornisce una definizione dello stile: esso deve avere una regola ma anche al suo interno delle licenze, che in quanto all'interno della regola funzionino secondo giudizio e ordine. In ogni caso rimangono fondamentali l'imitazione della natura e dei grandi modelli del passato.
Vasari sottolinea inoltre che sono necessarie doti come rapidità e prontezza. Nel '500 dopo un fugace periodo romano prendono piede gli artifici del manierismo, adatti a rappresentare la consapevolezza intellettuale e la raffinatezza della vita dell'elite. Verso la fine del secolo però, questa tendenza si trasformerà in una esasperata ricerca formale, ricca all'eccesso di puro virtuosismo.
Importantissimo per il Manierismo è la presenza per i primi tre decenni del Cinquecento di Michelangelo a Firenze, che inizialmente crea somme di motivi scultorei sovrapposti ma nel 1520 supera una crisi realizzando strutture monumentali con una forte plasticità nell'insieme; Vasari ci dice che Michelangelo è uno dei massimi esponenti della Maniera Nuova in quanto rompe i lacci e le catene delle cose ma ben consapevolmente (si veda in proposito la Sagrestia Nuova nella Basilica di San Lorenzo di Firenze), lanciando così un nuovo percorso, vario e composito.

Lo stile clementino

Nel 1523 diventa papa Clemente VII e nasce con lui il cosiddetto stile clementino. Primo esempio di questa corrente è la Sala di Costantino di Raffaelo, ma terminata da Giulio Pippi, detto anche Giulio Romano, per via della morte del primo; costui fa uso di un linguaggio magniloquente e incrementa ulteriormente il pathos rispetto a quanto non avesse fatto Raffaello. Giulio Romano è inoltre l'architetto del Palazzo Te.
Alla corte di Clemente VII si riuniscono molti altri artisti che sviluppano uno stile veloce e virtuosistico e che pian piano si allontana da Raffello con nuove sperimentazioni. Tra questi ricordiamo:

  • Perin del Vaga;
  • Rosso Fiorentino che in un suo dipinto della serie degli Amori degli dei raffigura Bacco in una ricercatissima posa serpentina che diventerà caratteristica dell'epoca, sempre però senza perdere scioltezza e fluidità;
  • Sebastiano del Piombo;
  • Polidoro da Caravaggio;
  • Parmigianino che nel suo autoritratto allo specchio convesso crea un dipinto allusivo ed enigmatico, con audaci distorsioni e allontanamenti prospettici; è qui evidente la licenza alla regola declamata da Vasari;

Le vicende storiche seguenti il 1527 portano il papa a scontrarsi con l'imperatore che arriva a far saccheggiare Roma, costringendo Clemente stesso ad allontanarsi: Roma viene devastata dai soldati luterani (anche se sotto insegne cattoliche) portando così tristezza e delusione nei confronti dell'ideale umanistico della conciliazione degli opposti. Il vuoto lasciato da questa idea non viene colmato se non dalla solitudine e dal dolore.
Dopo il sacco di Roma tutti gli artisti alla corte di Clemente VII fuggono portando per l'Italia e la Francia lo stile sviluppato a Roma: Perin del Vaga va a Genova, Polidoro da Caravaggio prima a Napoli e poi in Sicilia mentre Rosso Fiorentino e Parmigianino continuano a vagare, trascorrendo vite assai tormentate.
Solo Sebastiano del Piombo torna a Roma al servizio del papa. Il trauma è però evidente nelle sue opere che ora risultano di una intensa asciuttezza cromatica e dai temi molto diversi (ad esempio il ritratto di Clemente VII, dove il papa appare stanco e sconfitto). Michelangelo invece viene incaricato dal papa di portare a termine la stanza di Costantino, simbolo celebrativo del potere temporale del papato, e in seguito di rappresentare con un affresco il giudizio universale: tema dottrinale che mette l'uomo e i suoi peccati di fronte a Dio.
Parmigianino torna a Parma, sua città natale, dalla quale si stava ritirando Correggio: il loro incontro è paradigma del confronto tra nuova e vecchia maniera: Correggio era famoso per l'equilibrio naturale di grazia e bellezza classica delle sue opere mentre Parmigianino per il suo stile intellettualistico, raffinato e rarefatto. le differenze sono pienamente evidenti nel Duomo di Correggio, aperto, luminoso, quasi una rappresentazione naturale dell'Assunzione di Maria e la chiesa di Santa Maria della Steccata di Parmigianino, chiusa, preziosa come uno scrigno, decorata al limite del possibile.
Rosso Fiorentino si reca in Francia alla corte di Francesco I di Valois, dove lavora al castello di Fontainebleau insieme a Francesco Primaticcio che già si era aggiornato sulle novità portate da Parmigianino: Francesco I raduna sotto la sua ala moltissimi artisti del periodo italiano. In questa corte hanno però luogo alterazioni dello stile come maggiore della grazia e abbondanza di citazioni mitologiche. Alla sua corte verranno anche scritti trattati sul Manierismo italiano e sull'architettura che permetteranno il suo diffondersi in tutta Europa.

La grande Maniera

Nel 1534 Clemente VII muore e a lui succede Paolo III che secondo le speranze di molti avrebbe cancellato le tracce del sacco di Roma, cosa che non fu. Riaffidò a Michelangelo l'affresco del Giudizio universale, che rappresenta la tormentata spiritualità religiosa dello stesso autore; opera di una profondità dottrinale tale che inizialmente fu denigrata e non capita se non da pochi e a fatica. Ulteriori critiche arriveranno a Michelangelo per la Cappella Paolina in cui egli decide di attuare una drastica sintesi formale. Plasticismo, varietas e modelli romani rimangono comunque riferimenti imprescindibili per gli artisti attivi a Roma (tra i quali molti nuovi e Perin del Vaga).
Perin del Vaga lavora a Castel Sant'Angelo e viene considerato erede di Raffaello in quanto utilizza il suo stesso metodo di lavoro: consegna il modello grafico complessivo e assegna l'esecuzione ad uno stuolo di collaboratori; al contrario di Raffaello però racchiude la narrazione entro finti quadri, arazzi, o rilievi simulati. Nel racconto lo spazio non coincide più con quello del reale.
Si fa notare, sempre sotto Paolo III, Daniele da Volterra, riflessivo e lento al contrario di quanto sostenevano Vasari e Perin; segue Raffaello ma ha un inconsueto rigore formale e compositivo derivatogli dalla frequentazione di Michelangelo.
Alessandro Farnese, alla morte di Paolo III (di cui era nipote), acquista grande importanza circondandosi di artisti come il miniatore Giulio Clovio, ma viene ricordato soprattutto per le sue stesse opere in cui la narrazione è rinchiusa in incorniciature architettoniche; i contenuti sono sacri e profani, ricchi di colori acidi e accesi. È da citare la Cassetta Farnese, magnifico esempio di diversi stili del Manierismo, opera di oreficeria realizzata in 16 anni: l'obiettivo è quello di superare la natura attraverso l'arte e l'artificio con la forza dell'invenzione e del virtuosismo.
Vasari a Firenze fa un famoso ritratto a Alessandro de' Medici a figura intera, citazione da Michelangelo (ormai divenuto mito) e con un profilo aulico e antichizzante.
Vasari fonda una scuola, l'Accademia del Disegno, che dà agli artisti fiorentini un tono intellettuale elevato paragonabile a quello dei letterati.
Agnolo Bronzino arriva a compiere opere di un virtuosismo esagerato, tanto allusive da essere enigmatiche, colori così smaltati da raggelare sensualità e violenza: stile rarefatto e freddo che si confà pienamente alle strettezze intellettualistiche e formali del tempo.
Cosimo I a Firenze fa di Vasari il direttore di tutte le costruzioni per il rinnovamento della città. Benvenuto Cellini esegue per lui un ritratto, minuziosamente dettagliato ma con una innovativa propensione alla descrizione della parte psicologica del personaggio. Indice inoltre una competizione per la fontana di Nettuno, che sarà vinto da Bartolomeo Ammanati: la sua opera è manifesto del gigantismo e della monumentalità in cui molti altri lo seguiranno negli anni a venire.

 


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