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Università: che cosa si studia? Cosa non funziona? Come cambiare?




Filosofia o storia della filosofia?

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 Filosofia o storia della filosofia?

Nello scegliere un indirizzo universitario è giusto e lecito chiedersi se davvero è ciò che desideriamo e immaginiamo. Nel particolare caso delle facoltà di "Filosofia" la riflessione si dovrebbe fare ancor più ampia poichè questa materia è differente dalla stragrande maggioranza delle rimanenti.

Cominciamo ad indagare con un atteggiamento tipicamente filosofico: poniamoci delle domande. Perchè scegliamo di seguire un corso di filosofia? Cosa ci aspettiamo ci imparare a fare? A pensare? A capire? O forse a memorizzare nozioni in vista di un bel voto? Dove starà l'eccellenza? Come verrà misurata/premiata? Rispondiamoci.

Facciamo quindi alcuni passi indietro e analizziamo la faccenda alla radice: che cos'è davvero la filosofia (non secondo altri ma secondo noi)? Non potrebbe calzare  come definizione "la filosofia è pensiero."? Probabilmente si.

Ora, ammettendo di essere d'accordo con la precedente asserzione, non è assurdo che invece di darci modo di creare "pensiero" scopriamo che ce lo faranno solo studiare. Possibile che tutti questi secoli di sapere possano essere impiegati solamente così? Perchè l'obiettivo non è ragionare stesso? Non si corre il rischio di precipitare in un apprendimento forsennato e mnemonico tipico della chiusura della mente?

Insomma che senso ha la teoria senza la pratica? E' lo stesso ragionamento che si può applicare a tutte le discipline: non serve conoscere la teoria se non si passa alla pratica, se questa non è sottoposta a verifica, ampliamento, revisione (in una parola a "esperienza diretta").

Certo qualcuno potrebbe dire che l'esperienza viene in seguito, dopo lo studio della materia, nella cosiddetta "vita reale" ma prima di affermare questo ci sono tre punti su cui riflettere: primo, un essere che in giovinezza non si sottopone a prove pratiche è molto difficile che decida di farlo in età più avanzata; secondo, un ambiente di fervente attività intellettuale lo si può trovare di rado fuori da un'università (che potrebbe divenire un vero e proprio calderone di idee); terzo, essere bombardati per anni da idee forti, convincenti e affascinanti senza svilupparne ampiamente una critica rischia di demolire gran parte della propria capacità di opinione.

"L'uso sviluppa l'organo" e il cervello non è altro che un atleta da allenare, le università troppo spesso lo atrofizzano facendogli svolgere compiti inutili o poco significativi. Certo è vero che ci si può migliorare ma è altrettanto vero che pochi possono giungere a distinguersi. Ora, se fare filosofia non è per tutti ma per una ristretta cerchia di eletti, perchè illudere? Perchè non chiamare la facoltà storia della filosofia? In questo senso non è altro che un'illusione, come accade ai più di fronte all'arte: si rimane affascinati da qualcosa che non si concepisce e gli si cerca di dare un confine, stabilirne processo di decostruzione, un modo per riportarla su un piano umano. Ma proprio mentre si pratica questa alterazione si trasforma una materia che in se è puro pensiero in storia del pensiero.

Oltre a questo un altro grande rischio è quello di cadere vittima dell'ipse dixit, rimanere sovraccaricati di idee geniali, condivisibili, complesse, affascinanti ma altrui, non nostre:,aderire ad idee altrui sacrificando un effettivo potenziale. Chi può dire di avere pensieri così grandi da poter competere con quelli ostentati delle più grandi menti della storia? O meglio, chi può in fase acerba lottare con elucubrazioni fotografate nella loro migliore espressione e nel loro culmine? Pochi, certamente meno di quanti ne potrebbero produrre. Così troviamo le università di filosofia affollate (nella migliore ipotesi) da aspiranti critici che si preparano a scrivere libri di critica a libri di critica ai veri filosofi (citando peraltro cose già dette da altri).

Non è questa la filosofia, un filosofo non scrive per essere memorizzato acriticamente. Intendiamoci, l'ignoranza totale è un danno anche per la saggezza ma se da un lato non è giusto chiudersi nell'inconsapevolezza, dall'altro a cosa potrà mai portare lo studio vuoto di nozioni più apprezzate che ragionate? Saggezza e sapienza devono crescere insieme, come teoria e pratica; eppure non un solo minuto viene impiegato a favore del pensiero attivo, alla creazione di qualcosa di nuovo, non viene messa in compartecipazione alcuna idea, la sensazione è che tutti temano di esporsi e di sfigurare; anche i laboratori che dovrebbero spingere all'impegno spesso sono farse colossali.

Che cosa succederebbe se venisse impiegato anche solo la metà del tempo a disposizione delle facoltà verso finalità speculative? Forse ci scopriremmo tutti molto più limitati di quanto non crediamo, forse invece alcuni inizierebbero ad ingranare quello strano marchingegno chiamato "intelletto" e chissà, magari porterebbero alla luce vere innovazioni. Magari nel caos delle idee ne sorgeranno di già viste, ingenue, infondate ma in mezzo a tutto questo potrebbe emergere qualcosa, qualcosa che valga la pena di essere tramandato alle generazioni successive.

Certo, se il nostro obiettivo è perpetuare un sapere passato studiamo pure nel sistema attuale ma se vogliamo affrontare davvero la filosofia, a viso aperto, facciamo si un corso di studi ma non diamogli alcuna importanza, cerchiamo approfondimenti personali e soprattutto puntiamo al dibattito con il maggior numero di intelligenze possibile: misuriamoci con gli altri!

L'essenza della filosofia non è il suo solo studio, bensì la sua applicazione pratica, la sua, creazione, espansione. Non basta la conoscenza a fare il filosofo, occorre un "punto di vista". Come per l'arte o la poesia che cosa potrà mai valere il "come" sono state realizzate rispetto alle finalità? Rispetto a ciò che vogliono comunicare? Che senso ha il "come", se non si analizza il perché e il "cosa"? Come si può dire di apprezzare un autore se lo si studia come se fosse un blocco di marmo?

Non è un insulto ricevere complimenti per la carta con cui è impacchettato invece che per il regalo in se?

Poter condividere pensieri grandi come quelli dei filosofi che hanno segnato la storia è un privilegio e non va sprecato. L'unico modo per rendere  onore a questo grande dono è quello di ascoltarli, sfidarli come se ci parlassero direttamente, come se potessimo dibattere con loro. Nemmeno una virgola di quello che ci tramandano dovrebbe penetrare nella nostra testa senza che noi proviamo prima ad operarvi confutazioni/espansioni.

Questo è la filosofia: propagazione incontrollata di sapere. E se con l'umiltà della nostra mente siamo in grado di formulare idee nuove dobbiamo condividerle, sottoporle a verifica, metterle in contrasto con altre, chiederci infiniti "perchè". Magari non arriveremo a nulla, magari trasformeremo la nostra vita in un grumo di dubbi ma forse, forse potremo scoprire, intuire qualcosa che i nostri pronipoti potranno dire di Valore. Non sottovalutiamoci, erano pur sempre uomini quelli che ci hanno preceduto e lo saranno anche quelli che ci seguiranno. La mente è uno strumento dalle incontrollate potenzialità ed è al nostro servizio: non limitiamoci a sopravvivere, usiamo tutto il nostro (pur limitato) potere!

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