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Articoli Genesi dei concetti astratti
Da dove nascono quei concetti irreali comuni a quasi tutti gli uomini?




Genesi dei concetti astratti

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 Genesi dei concetti astratti

Per parlare di concetti astratti, iniziamo con l'analizzarne uno tra i più comuni e utilizzati: l'idea del "caos".

Comunemente, quando si parla di "caso", si allude ad un qualcosa che non ha un ordine, una logica, che in definitiva non ha "senso"; ebbene, proviamo per un attimo ad astrarci e a mettere da parte questo diffuso significato; ammettiamo di trattare, per semplicità, di una sequenza, di avere un sacchetto di biglie e di lasciarle cadere a terra; abitualmente diremmo che si sono disposte in maniera "casuale". Ci sbagliamo.

Il "caso" è semplicemente una sequenza di cui non conosciamo l'ordine, di cui non comprendiamo causa ed eventuali fini. Il concetto di "ordine casuale" non è altro che un costrutto umano del tutto immaginifico e inesprimibile. Nessuno può esternare nè a livello teorico, nè tanto meno pratico il caos perchè, nella sua definizione più pura, è un qualcosa di irriproducibile; se lo fosse non sarebbe niente più che un'altra sequenza ordinata e replicabile. Il caos è forzatamente non comprensibile e questo fa della sua collocazione semantica uno spazio etereo che fluttua tra immaginazione ed errore.

Ora (e qui ritorna Platone) la domanda più lecita è: "Ma se il caos non esiste, dove lo abbiamo visto?" - La risposta è: "Da nessuna parte, il fatto stesso di vederlo equivarrebbe a capirlo e riprodurlo nella nostra mente, contraddicendone così la definizione." - O ancora: "Lo abbiamo intuito oppure era innato in noi?" - A questo non è facile dare una soluzione ma si possono azzardare parecchie supposizioni.

Origine delle astrazioni: parliamo di errori

L'uomo ha più facoltà straordinarie ma una di quelle che ne definisce gran parte del potenziale è: l'ampia fallibilità. Lo "sbagliare" è una caratteristica che ci mantiene ad uno stato di superiorità rispetto ad un computer, è proprio l'errore che ci consente processi di ricerca tanto efficaci, che ci dà modo di imboccare nuove strade, di "divergere", in una parola: di essere creativi. Una macchina, nella sua attuale strutturazione logico-matematica, non potrebbe mai esprimere o contenere nelle sue elaborazioni rappresentazioni "inesistenti" come il caos o la perfezione; concetti così erronei, nel contesto "reale" a cui apparteniamo, non sono accettabili.

Affidandoci ai nostri sensi (e su questa leggerezza ci si potrebbero scrivere libri su libri) possiamo dire con una certa sicurezza che nessuno di noi ha mai percepito la perfezione o il caos; eppure, se due persone parlano di caos e perfezione si intendono, si capiscono con facilità, hanno in comune il medesimo concetto imperfetto e astratto. Allargando ancora la questione si può applicare lo stesso ragionamento anche al nulla, all'astratto stesso, al "non-essere" o ad esempio all'infinito (nessuno lo ha mai sperimentato ma tutti lo intendono). Certo, di questi ed altri concetti si potrebbe dire che sono solo "iperboli" di altri più concreti ma non liquidiamone così facilmente la questione: non è così consequenziale immaginare cose che non hanno riscontri reali; se difatti ci fermiamo a pensare: "Che cosa abbiamo mai pensato che non sia già esistente o una mistura di enti che già conosciamo? Poco o nulla.".

Ripetiamolo: sotto un certo punto di vista si potrebbe dire che caos e perfezione non sono altro che l'estremizzazione delle più diffuse idee di "migliore" e "peggiore" o il "non essere" di altri concetti (così come per nulla e pieno, finito e infinito, ecc.) ma il passaggio non è affatto semplice. Il "salto" da un concetto che ha dei parametri ben determinati a qualcosa che limiti non ha è estremamente grande e non può essere praticato se non attraverso un'omissione, un'incompletezza o una simbologia.

Viene da chiedersi chi o cosa ha inserito idee tanto grandi e prive di interpretazione nella nostra mente, forse esseri superiori, forse una mancanza della nostra logica, forse un'incompletezza che ci impedisce di interpretare appieno noi stessi e il mondo che ci circonda.

In fondo da un mondo imperfetto fatto di esseri limitati (per quanto amaro possa essere), sarebbe ben assurdo trovarsi per le mani una capacità di pensiero completa...

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