Quando il bambino o la bambina:
Si aprono interrogativi: le cause di questi atteggiamenti possono essere molteplici. Spesso esse si rifanno alla sfera affettiva. Cosa può scoprire lo psicologo Proviamo ad esemplificare.
Un passo indietro. Qui bisognerà fare un passo indietro per evidenziare come molte fasi di vita precedente hanno già determinato la fisionomia psicologica di nostro figlio. Molti studi affermano che il bambino venga già influenzato delle condizioni di vita prenatale, nel grembo materno e poi dal trauma della nascita stessa. Certo le condizioni di vita prenatale possono avere un significato ma il fenomeno del parto è e rimane un evento naturale, che, se può creare degli stati di disagio, difficilmente può essere compromettente per l'individuo, proprio perché la nascita è prevista per la vita e a favore della vita.
Più importante e grossa incidenza hanno, in seguito, le esperienze che il neonato vive nei primi giorni, mesi ed anni di vita propria. L'indispensabile necessità di un rapporto neonatale continuo e positivo con la madre, fa si che l'assenza o la carenza di questo faccia mancare in maniera permanente nella struttura psicologica dell'individuo dei "mattoni", degli elementi costitutivi fondamentali per il suo equilibrio e per un rapporto positivo nei confronti dei propri simili e nei confronti dell'esistere stesso. Molte fisionomie pessimistiche e a carattere depressivo vengono fatte risalire a queste causalità. Tutte le situazioni che il bambino vive nei primi anni, vengono assunte e registrate nella sua psiche così come sono, senza la possibilità del minimo vaglio critico (la capacità critica non c'è, essa è o bassissima o nulla) poi vengono dimenticate (e così non potranno più essere messe in discussione), ma, una volta depositate nell'inconscio, queste esperienze fatte, agiscono ugualmente ed influenzeranno anche il comportamento dell'adulto.
Così ad esempio, se il bambino percepirà di non essere gradito o completamente accettato, non vi potrà neppure "riflettere sopra" ma formerà dentro di sé una sensazione imprecisata di non essere amato, di non valere che inciderà poi nel suo sviluppo e nell'incontro con gli altri. Così, se il bambino, nei primissimi anni di vita, subirà un comportamento freddo o, comunque, non adeguato affettivamente, egli, amando tanto, istintivamente, la madre o chi si occupa di lui in maniera fissa, non si formerà mai il concetto di "cattiva madre", ma, al contrario, quello di "cattivo bambino". Queste possono essere le cause, anche se non le sole, del manifestarsi di timidezza, tendenza all'isolamento, scarsa considerazione di sé, difficoltà nell'esprimersi o, addirittura, non volontà di esprimersi. In queste condizioni il bambino può crescere, imparare a mangiare, a comunicare, a parlare, ma non ad avere un rapporto positivo con se stesso, ma non a porsi in relazione con gli altri; ad avere rapporti di collaborazione e di interazione psicologica, ad amare.
Interessi = nessuno. Quando troviamo scritto di nostro figlio, all'asilo o a scuola, questa frase: interessi = nessuno, è il caso di porci qualche domanda. Il bambino senza interessi di gioco o di studio, il ragazzo o l'adulto disadattato alla società, che non si inserisce, anche avendone la possibilità, ad esempio, in un lavoro, in realtà, spesso, attende ancora di risolvere la propria situazione affettiva. Tutte le sue risorse, tutte le sue energie, la sua stessa capacità di concentrazione, sono volte, prepotentemente, anche se dietro uno sguardo in apparenza abulico, verso questa attesa e quindi non gli è possibile fare altro. La maggior parte degli studi sulla eziologia della delinquenza minorile, fa notare come, quasi sempre, è presente, in maniera importante, questo fattore nei soggetti a carattere antisociale.
Chi può evidenziare, analizzare queste realtà e aiutarne la soluzione, è lo psicologo, lo psicanalista, il pedagogista. Per questo sarebbe auspicabile la consulenza, non sporadica, almeno del primo, all'interno della scuola. Il suo intervento sarebbe un grosso strumento. D'altro lato, tuttavia, bisogna anche difendersi dall'idea che egli possa sostituire il genitore o dall'idea di rivolgersi a lui in maniera ossessiva.
In primo luogo, è il genitore che deve prendere coscienza della propria insostituibile posizione, porsi delle domande e rendersi presente. Basilare è la certezza che, se non tutto e subito, molto si può fare, in un cammino di crescita. Le doti in gioco sono la serenità e la pazienza. Capita di leggere sofferte risposte come questa data da una madre, che, pur amando il proprio figlio, ha commesso degli errori (incisivi): "Certo sarebbe meraviglioso, che tutti i bambini, nascendo, avessero la migliore madre, la migliore famiglia, la migliore educazione. Ma ogni bambino, nascendo, deve affrontare il rischio della vita. Deve compromettersi con la vita". Questo non significa minimizzare i problemi, ma significa non cadere nelle maglie dello psicologismo. Significa essere certi della possibilità di un superamento, di far uscire il genitore da uno stato di colpevolizzazione controproducente e aprire la possibilità di concertare un programma di azione. Significa essere certi di poter comunicare al bambino che vale la pena vivere.
Siamo completamente determinati? Un dibattito che ha una lunga storia è quello, consequenziale a quanto detto, sul determinismo. Abbiamo, da tempo, affermato che, in ogni individuo agiscono sia le determinazioni caratteriali congenite che le determinazioni che provengono dall'ambiente esterno (famiglia e società). La domanda è: l'individuo è "fatto", definito del tutto, da queste determinazioni? Queste influenze, che agiscono negativamente, sono irreversibili? Alcuni rispondono di sì. Forse però sono più condivisibili quegli studi che parlano più di influenze, che di determinazioni. Possiamo ancora credere che l'uomo si autodetermini, al di là degli innegabili condizionamenti, grazie alla sua creatività. Ancora di più: grazie alla sua libertà. Alcuni psicologi e psicanalisti ci fanno sentire con le mani legate davanti alle loro casistiche e dimostrazioni. Esistono, sì, dei casi veramente patologici, ma essi hanno spesso delle concause di base "genetica" ed allora esuliamo dal campo che stiamo trattando.
Il determinismo vuole che l'individuo sia definito da questi o quei fattori, che, effettivamente, agiscono su di lui. Ma, in realtà, il soggetto umano, nella sua crescita, per la sua libertà e creatività, è in grado, insieme a coloro che gli stanno accanto, di costruire se stesso e la propria storia, nonostante tutto quello che può incontrare nella sua esistenza.