- La donna nel terzo millennio -
 
Scritto da: Giancarla Vietti
ARTICOLO

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La donna nel terzo millennio
La maternità è un atto sociale

Le sole opzioni per un nuovo sviluppo

Anche in condizioni di crisi economica, se si vuole una crescita demografica, bisogna avere presente che la maternità è un atto sociale.

La storia

La donna è uscita dai suoi ruoli secolari negli anni '60 ed, in realtà, già prima, durante le due guerre mondiali, anni in cui sosteneva, da sola, la famiglia, mentre l'uomo era arruolato a combattere. Gli impegni sono stati in continua progressione: dovuti, questi, sia allo sviluppo dell'emancipazione, sia alla basica necessità di guadagnare, nella società industriale, sostituitasi a quella agricola e patriarcale, dove la prole era una ricchezza. Ciò ha provocato, con il trascorrere dei decenni, in concomitanza anche col mutamento sociale ed economico, il fenomeno del decremento demografico: è diminuito il numero dei figli. Siamo giunti a crescita zero, con il vicino rischio di estinguerci, come popolazione, o, perlomeno, di diventare una minoranza.

Oggi

Ora, non si può chiedere, con verosimiglianza, alla donna occidentale, e ormai anche a quella orientale, di tornare indietro. E' utopico, anche per motivi di necessità. E' necessario che l'organizzazione sociale ed economica si facciano carico di questa realtà. Bisogna progredire altrimenti saremo sostituiti da altri. L'obiettivo primario non deve essere quello di moltiplicare gli asili nido, che gettano in piazza il bambino, soggetto sociale futuro, a otto mesi o prima, per le possibili conseguenze psicologiche e pedagogiche, per il distacco prematuro dal rapporto con la madre e con la famiglia, come abbiamo studiato in psicologia, per tutto il novecento. E' bene informarsi su questi studi. Interessante è la tendenza all'asilo nel luogo di lavoro. Il bambino non deve entrare in un grande allevamento statale, per diventare un robottino desensibilizzato, nel migliore dei casi. Così forse lo vorrebbe il potere.

Bisogna studiare nuovi progetti. Non è detto che un nuovo tipo di organizzazione sociale, che prima poteva sembrare impensabile, sia impossibile. Anzi, sarà possibile! Non bisogna fermarsi, anche se il momento contingente può essere ora di crisi economica. E' necessario avere una visuale di lungo raggio, proprio per la società, oltre che per il singolo. Essa deve farsi promotrice di nuove iniziative di evoluzione, poiché, e questo è molto importante, la maternità non è un fatto secondario, spontaneistico, che si risolve da solo. E' una vera ricchezza, un valore per la società, la quale, dunque dovrà focalizzarlo. Non si tratta della donna che vuole farsi i fatti suoi, come ho sentito dire. Si tratta della donna che compie un atto sociale.  Che questo sia vero, lo verifichiamo,  ora e da tempo, giacché parliamo di fermo demografico, di sfascio della famiglia. Conosciamo le problematiche e sociali, familiari e giovanili connesse. Esse dovrebbero essere ampiamente elencate ed analizzate.

I progetti: part-time e job-sharing, visti con occhi nuovi

I progetti potrebbero essere quelli di un tipo di attività part-time oppure di job-saring, con aiuto familiare, fino ai primi tre anni di vita del bambino, come già avveniva, anni fa, per le dipendenti di Istituti Bancari. Questo, tuttavia, non basta, per raggiungere il nostro obiettivo di far ripartire la crescita demografica e permettere di conciliare lavoro e famiglia. La donna, per non perdere le posizioni raggiunte e finire per applicarsi ad attività di corollario, rispetto alle proprie, non sceglierebbe possibilità qualitativamente riduttive. Sarà, quindi, necessario creare, ad esperienza lavorativa basilare raggiunta, non solo una suddivisione quantitativa del tempo di lavoro, ma, in caso di maternità, anche, ed è la svolta cruciale, una suddivisione qualitativa, delle mansioni da svolgere. In poche parole, la donna deve mantenere le attività del livello raggiunto, rispetto alle sue capacità ed abilità specifiche, al rientro dopo maternità. Proprio perchè, nel contempo, ha svolto un'altra funzione altamente sociale. Non è impossibile.

La donna ha un'ottima propensione al lavoro di gruppo e una particolare capacità di confrontarsi e condividere. Modi di essere che fanno sperare in una leadership femminile diversa da quella tradizionale. Job-sharing, quindi,  non solo per ruoli semplicemente esecutivi. Si potrebbe pensare ad una condivisione anche di posizioni manageriali, ovviamente tra due donne che hanno sintonia d'intenti. Si tratterebbe di condivisione di un unico lavoro in maniera da non dare luogo assolutamente a raddoppio di costi per le aziende.  I nostri uomini politici e della finanza, sanno fare ben altri salti mortali per il proprio interesse! In ogni caso questi argomenti sono di loro interesse, in quanto corrispondono a crescita economica. Proprio il nuovo governo, afferma che, parole testuali, obiettivo politico, per la crescita della nazione, è aumentare il lavoro femminile! Ad esempio, riducendo le tasse sul lavoro delle donne, così da aumentare il reddito del loro lavoro, il che aiuterebbe ad incentivare la divisione dei compiti, in casa. Più che di straordinari detassati, è necessario parlare di detassazione dei premi aziendali, a seconda dei risultati raggiunti, per premiare il merito. Gli straordinari detassati avvantaggiano solo chi, gli straordinari, li può fare e quindi sicuramente più facilmente gli uomini, poiché, le donne, hanno, come sappiamo, già altre mansioni da svolgere, " fuori orario". Ciò può finire per aumentare la differenza di stipendi, già del 20%, tra uomo e donna. Inoltre, più straordinari, oltre a creare, in alcuni casi, livelli di stress, può dare luogo al fenomeno di allungare od allentare il ritmo di lavoro, per arrivare a guadagnare gli straordinari. In ogni caso, in un clima di confronto, le soluzioni si trovano, soprattutto per quanto riguarda le grandi aziende.

Questi progetti, forse, sembrano ancora parole utopiche. Tuttavia non c'è altra opzione: è una grande sfida. Lo sviluppo parte sempre da una visione ideale. Si tratta di organizzazione sociale evoluta. E la società si deve sempre evolvere. E' l'unica strada.

 

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