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Scritto da: Giancarla Vietti | Discuti sul FORUM
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Giovedì 16 marzo 2006 - 22.41.30

High Tech, molti anni dopo
L'High Tech, percorrendo la sua strada fin dal '900...

Il '900 ha preparato e partorito l'High Tech. I suoi accenti e i suoi modi fanno a tutt'oggi parte del nostro mondo. Sono emerse molte altre esigenze, che fanno parte della molteplicità del nostro essere, della nostra instancabile ricerca e mutazione. In architettura e design è apparso il neoclassicismo, il neodecorativismo, molte forme di vintage, revival anni '70, '60 ed, ultimamente, appaiono grandi gli anni '50. Nuove avanguardie hanno espresso le loro performances. Tuttavia l'High Tech sembra essere una linea continua e persistente, anche se non esclusiva,  che riaffiora come permanente. In questo momento a Los Angeles, per fare un esempio, si sta cambiando la fisionomia di Downtown: vengono recuperati straordinari edifici anni '20, come il Bradbury Building o il Biltmore Hotel e si tramutano altre strutture limitrofe in loft per artisti e gallerie d'arte, secondo le scelte proprie dell' High Tech. Altre volte sembra che il gusto del terzo millennio ami tanto, al contrario, una ricerca di atmosfere calde, vintage o, meglio, d'epoca, forse per recuperare valori umani che l'asettica tecnologia non esprime e non  valorizza, senza andare a scandagliare la questione degli status symbol, a mio parere secondaria. In ogni caso è di oggi leggere che, a Milano, giochi di prospettive e di volumi trasformano una vecchia gendarmeria, in abitazione e che il filo conduttore è un filo di acciaio cromato. High Tech non è stata una corrente o una moda passeggera, ma una tendenza imprescindibile, anche se non esaustiva, del nostro tempo. Quasi una dimensione del nostro modo di vivere, così, quando dobbiamo illuminare, cucinare, lavorare. Il nuovo desiderio di fine '900 di recuperare interamente, invece, ambienti d'epoca, facendone rivivere più d'una, di varia datazione, fino ad arrivare alle preziosità delle boiseries, spesso ci è congeniale, ci coinvolge ed è una tendenza forte. Da altre angolazioni, tuttavia, il nostro modo di esprimerci, non ci permette di non essere contemporanei e di assaporare ed usare le nostre conquiste più recenti.

Così scrivevo nel 1980, mettendo a fuoco l'High Tech
All'inizio il  fenomeno poteva sembrare limitato a un determinato ambiente e modo di vita, ma, ormai, me lo trovo sotto il naso dappertutto, a partire dal mio portamatite in metallo grigliato. L'esposizione di arredamenti sotto casa, che mostra le proposte delle grandi ditte, annovera tra le altre cose nella sua vetrina tre grandi bidoni neri di varie dimensioni, il cui uso non è perfettamente chiaro.
Scale in lamiera pesante, grigliati da strada, superfici metalliche prestampate, vengono usate come elementi di arredo. Gli imballaggi industriali, il cellophane, i fili elettrici, i circuiti elettronici, non sono più relegati al solo valore funzionale, ma, al contrario, sono diventati "belli". Tutto il desing contemporaneo è orientato in questo senso. Si demitizzano le sue raffinate elucubrazioni a prezzi diventati irraggiungibili.
Materiali, strutture, arredi industriali stanno passando dall'officina all'arredamento dell'abitazione più importante ed attuale. Si preferiscono serramenti metallici a quelli in legno, e così via. La tecnologia diventa applicata all'uso domestico e personale.
Tutto quanto ha avuto inizio alcuni anni fa a New York, quando, dopo qualche esempio significativo, si è verificata una vera razzia di ex edifici industriali a scopo di abitazione privata.
I precedenti sono questi: a partire dagli anni Sessanta, molti artisti scelgono gli immensi locali delle piccole industrie e manifatture del quartiere di Soho, che paiono fatti apposta per accogliere uno studio di pittura o di scultura e, per di più, a bassissimo costo.
Ben presto questi ambienti diventano anche abitazioni, negozi, gallerie e così via, facendo di Soho il centro dell'arte newyorkese d'avanguardia. Oggi, tuttavia, essendosi la zona eccessivamente rivalutata, le avanguardie artistiche stanno cercando altri spazi, spingendosi soprattutto verso TriBeCa. Vivere in un loft è diventato uno status symbol discriminante. Si ristrutturano ex garages, ex officine, ex falegnamerie, ex magazzini, ex tutto.
Dall'angusto monolocale dagli spazi superazionalizzati, la casa si trasforma, anche qui senza suddivisioni fra le varie zone, in un ambiente grande e arioso, ancor più dilatato dai giganteschi finestroni preesistenti, magari in vetro-cemento.
L'obiettivo è quello di modificare il meno possibile l'aspetto originale del luogo, anche se, data la notevole altezza di questi edifici industriali, se ne possono ricavare più piani separati o soppalcature.
Su tutto passa una mano di calce bianca, anche sulle tubazioni non incassate nel muro, sulle travature, sulle putrelle, che restano al loro posto, ed anzi, questi elementi vengono focalizzati e immortalati come testimoni di questa cultura tecnologica recente.
A questo scopo, il cosiddetto mobile diventa marginale e l'abitazione appare quasi completamente vuota: il tentativo è quello di eliminare qualsiasi elemento superfluo a ciò che è funzionale. Anche gli oggetti di uso quotidiano, debbono essere scelti fra gli utensili e gli arnesi specialistici riciclati o, almeno, sembrarlo. Ganci, che si potrebbero facilmente trovare in un cantiere, vengono utilizzati in tutti i modi, molte soluzioni sono risolte con impalcature di ferro (Ponteur), il pavimento è spesso quello in plastica nero con bolli antiscivolo dei magazzini. Le finiture non sono mai in ottone o dorate, ma in un meno decorativo acciaio.
L'illuminazione, soprattutto, insiste sull'argomento (le lampade oggi sono tutte tecniche), fino ad utilizzare, negli interni, le luci stradali.
Questa tendenza naturalmente non abbraccia solo l'arredamento, ma tocca tutti gli ambiti di cultura: arte, design, pubblicità, scenografia, ecc. Essa viene definita High Tech.

Premesse nel passato
La strada, (se si guarda indietro) era già stata preparata fin dall'inizio del secolo (Movimento moderno), in Europa, e precisamente in Germania, quando Walter Oropius aveva fondato, a Weimar, la Bauhaus, scuola di architettura. La Germania usciva dalla guerra e in questo centro d'arte, la parola d'ordine era: "cominciare
da zero".
La nuova architettura doveva essere finalizzata per il lavoratore, essa si sarebbe liberata da tutto ciò che poteva essere definito "borghese". Dato che tutti gli architetti conosciuti erano dei borghesi, con quel termine si finì per designare qualunque cosa o concetto già esistente.
Le nuove costruzioni vennero progettate unicamente con l'obiettivo del funzionalismo e con onesti materiali non "sospetti": cemento, acciaio, legno, vetro. Anche la concezione della struttura degli edifici si rivoluzionò: non più tetti spioventi, né grondaie o cornicioni, poichè essi rappresentavano gli orpelli della borghesia. Ormai le costruzioni erano sostenute dalle armature in acciaio e quindi sarebbe stato, ancora una volta, inutilmente pomposo realizzare spessi muri e facciate ornamentali: sarebbero bastate delle lastre di vetro.
Con l'avvento del nazismo, Gropius fuggì oltreoceano e con lui molti altri architetti e artisti. Il successo fu immediato: la scatola di vetro, acciaio e cemento, che vediamo campeggiare oggi nelle nostre città, invase gli States, fino a toccare nelle metropoli proporzioni gigantesche. Troviamo un esempio paradigmatico in Park Avenue (Manhattan), dove sorge il più grande monumento dell'architettura Bauhaus: il Seagram Building.
Tuttavia, non si può non notare che questa architettura, di fatto, si è vista calata in opere che sono tutt'altro che quelle per cui era nata: sedi di grandi società, palazzi municipali, gallerie d'arte, sofisticate abitazioni, ma non case per lavoratori. Anche quando l'edilizia popolare, negli Stati Uniti, aveva sposato quei progetti, i loro destinatari mostravano di preferire le case tradizionali con spiovente e gronde ("From Bauhaus to house".T. Wolfe). Che cosa era avvenuto? Una teoria intellettuale aveva cercato di applicarsi, come rivoluzionaria, alle problematiche più stridenti della società, ma la sua astrazione era difficile e le sue tesi non coinvolgevano tutto l'uomo, radicalmente (come è, invece, necessario per creare un vero mutamento).
Così essa non aveva fatto presa su quelle fasce sociali a cui era rivolta e, tuttavia, aveva preso altre strade, senza perdere quella volontà di liberarsi da crisalidi ormai senza senso. Ogni movimento di pensiero, infatti, è una realtà da cui non si può prescindere: quando è posto, è posto: qualunque sia la sua portata, esso agisce e interagisce con le altre valenze sociali, verso ulteriori sbocchi.
La Bauhaus esprimeva una evoluzione verso l'essenza e la funzione: acciaio, vetro, cemento. In questo senso, abbiamo detto che la strada di questo contemporaneo fenomeno dell'High Tech, era già stata preparata. Esso, tuttavia, ha una origine e un significato del tutto originali e diversi. Fenomeno di moda? Una delle tante facce di questa sfrenata corsa al consumismo? L'High Tech è il frutto dell'esaltazione di questa fine secolo XX° per il susseguirsi e il dilatarsi delle innovazioni dell'alta tecnologia.
Ingenuamente incantati, come il primitivo davanti al fuoco, sembreremmo, anche se non lo diciamo apertamente, attenderci tutto da essa. Sottolineiamo che ci sono voluti millenni per passare dalla ruota al motore e meno di un secolo per passare dagli spostamenti terrestri a quelli nello spazio. Ogni nuova tappa raggiunta, ogni nuova scoperta, funziona da elemento scatenante in tutti i campi collegati, provocando progressioni a catena. Così, il nostro uomo contemporaneo, ama tutto ciò che rimanda alla alta specializzazione e, di conseguenza, anche tutto quello che era sempre stato considerato con sufficienza, in quanto elemento di valore semplicemente funzionale, tecnico. La tecnologia sembra essere il nuovo idolo della nostra Babele, e proprio in senso biblico.
L'High Tech, tuttavia, se ha il suo luogo di attrazione nella ricerca avanzata, rivela insieme, all' osservatore attento, una posizione di ironia e di gioco, che fa intravedere una volontà di rivendicazione contro i demoni della civiltà contemporanea, proprio perché esso è un fenomeno metropolitano e delle metropoli vive direttamente le contraddizioni: è, al tempo stesso, a favore e contro la tecnologia,  una sorta di incontro/scontro.

La fine del '900 vede nascere la Fusion
Altre avanguardie sono apparse. Dal neoclassicismo al neodecorativismo, ai revival anni '70, '60, '50, con un curioso procedere all'indietro, esprimiamo una pluralità di fenomeni. Anche le tendenze che disegnano l'essenzialità moderna, hanno un nuovo taglio: accolgono, al proprio interno, modi, decori, mobili di antica epoca, questa volta amati come possesso di testimonianze del passato,  come ricchezza di storia, che parla e comunica con noi, come frammenti che vogliono essere strappati alla fugacità distruttiva del tempo e perciò ancora più belli. Un capitello antico, snervato e consumato dal vento e dal passare dei secoli, avrà un rilievo incredibile appoggiato su di un  muro bianco o su di una lastra d'acciaio.
Non solo, l'uomo di oggi è anche un grande viaggiatore, cosa inevitabile, data la possibile velocità di spostamento e di comunicazioni, data la globalizzazione. Per questo molte cose significative vengono portate da luoghi mitici e lontani,  nel nostro habitat, segni di culture completamente diverse e affascinanti.
Si lascino da parte gli snobismi che ripudiano questi entusiami, per non perdere, in  realltà, qualche cosa. Così, l'ambiente di vita di oggi è animato da quella che brevemente viene chiamata Fusion. Essa è un difficilissimo equilibrio, sia dal lato estetico che da quello dei contenuti, che si realizza facilmente, se gli elementi che vengono introdotti sono frutto di vero interesse e di vera passione.
Nella nostra cultura, OVVERO NELLA CULTURA UMANA,  la tendenza al superamento è continua.

 


High Tech del primo decennio del 2000, scaldato dalla valorizzazione delle componenti in legno
 
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