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Il sesso non è un piacere e non ha quasi nulla di istintivo. Pochissime persone cercano la copulazione per piacere, il fine reale è nella stragrande maggioranza dei casi un altro: l'appagamento personale.
Se davvero il nostro obiettivo primario fosse il piacere chiederemmo sesso di continuo e a qualsiasi persona (bella o meno attraente che sia); certo non tutti sarebbero in grado di portarci ai limiti dell'estasi ma è altrettanto vero che qualsiasi essere umano (maschio o femmina) sarebbe in grado di provocarcene un quantitativo non trascurabile. Rifiutiamo il piacere. Lo censuriamo per motivi che nulla hanno a che vedere con esso.
Prima di scegliere un partner a cui concederci aspettiamo il giudizio indiretto degli amici, della famiglia e più in generale della società (TV, giornali, internet, ecc.). Loro. Loro decidono dei nostri rapporti sessuali, loro approvano, loro negano. Ma non finisce qui: superato il "consenso della piazza" rimane quel piccolo assenso personale che, ancora una volta, non ha a che vedere con il "godimento", bensì, con un qualcosa che conosciamo molto bene: l'idea di possesso.
Pensiamo di possedere un valore desiderabile tra le gambe e sappiamo che le cose preziose vanno preservate. Poco o nulla sappiamo di cosa perdiamo se non conosciamo il vero piacere. L'approfondimento del sesso, per quanto muova il mondo intero, occupa una minima parte del nostro tempo. Il concetto stesso di desiderio che ne deriva è pertanto surrogato da preconcetti puerili e irragionevoli. In sostanza, checchè se ne dica, raramente maturiamo vera pratica con la libido.
Non cerchiamo eccitazione, cerchiamo ciò che capiamo. Possesso. La lussuria ricade quindi in una logica negativa, l'orgasmo diventa un furto, un crimine, tanto più piacevole, tanto più complesso da provare. Pratichiamo un sesso minore. Il dominatore è la chiave e lo scassinatore, il sottomesso è lo scrigno e il tesoro. Questa concezione limitata e la scarsa abilità, ci porta inesorabilmente a godere solo del privilegio della conquista: il 30% di quello che potremmo ottenere senza pregiudizi. Mentre pensiamo a noi stessi, perdiamo un intero universo di sensazioni e lo sottraiamo a chi ci sta accanto.
Solo i più "aperti di mente" (talvolta anche in modo patologico) riescono a superare la ferrea razionalità nella scelta dei partner. Ci accompagniamo nella copulazione con soggetti simili tra loro, ben precisi, isolati in base a valori sociali ben determinati. Valori che ci limitano a quei "dieci minuti scarsi" di sesso, dopo i quali, tutto si spegne. Il piacere è un campo sconfinato e temiamo tanto il giudizio altrui da fermarci ad osservarne solo l'uscio, da darvi solo occhiate sbarazzine, da chiuderne terrorizzati le porte.
Sia che la nostra indole sia di dominatori sia che ci spinga a prostrarci, il nostro obiettivo è comunque lo stesso: ottenere prestigio e solo marginalmente piacere; pensiamo di potercelo procurare da soli, in altro modo, lo crediamo meno importante. I nostri giorni trascorrono senza aver mai provato a condividere corpo e mente, a progredire. Il peggio è che quel poco che otteniamo pensiamo sia il massimo possibile. Ci ritroviamo con un qualcosa di insufficientemente intenso da spingerci ad approfondirne la conoscenza; una differenza simile a quella che passa dall'apprezzare l'estetica di un quadro al viverne l'essenza.
La scelta dei partner sessuali è dettata da una razionalità ferrea. Ognuno di noi ha un singolare modo di concepire le caste preferibili da quelle inopportune; chi predilige l'intelligenza, chi la ricchezza, chi la celebrità, chi la prestanza fisica (ecc.). Certo, nessuno di noi analizza singoli fattori, sfioriamo quasi sempre più parametri, ma uno, uno soltanto, fa la differenza tra il sì e il no. Quel parametro è quello ci definisce meglio. Dopo questo, la nostra azione è forzata a due opzioni: puntare su chi ci è superiore (perchè ci protegga) o su chi ci è l'inferiore (perchè accresca il nostro dominio). Il sesso si riduce così ad autocompiacimento, ad un'auto-subordinazione.
Ciascuno di noi ha un metodo inconscio di ordinare le persone e una sua personalissima linea di demarcazione tra i papabili e i non papabili. Non siamo in grado di uscire da questo circolo vizioso. L'aspetto più interessante della questione è tuttavia che, in questa "scala", la linea di demarcazione, lo zero, siamo proprio noi. Scegliamo di fare sesso o meno, di concederci facilmente o a fatica, in relazione alla distanza che intercorre (in positivo o in negativo) tra noi e il soggetto in questione. Assurdamente, il piacere, la concretizzazione del sesso, non rientra nel calcolo; è un po' come comprare cibo non per il gusto ma per la magnificenza del prezzo.
I nostri genitali si tramutano così in tesori da preservare e barattare solo a chi accrescerà il nostro prestigio (per sottomissione o dominio). La prostituzione, in questo senso, non è altro che un esternare ciò che tutti abbiamo dentro; pochissimi concepiscono la sessualità pura, disinteressata, come condivisione. Il sesso è sempre inquinato da secondi fini, da obiettivi collaterali (non necessariamente meschini ma inesorabilmente fuorvianti).
Passiamo grigie ore a studiare, a lavorare, a soffrire e poco o nulla a esplorare l'estasi e a condividere il potere della mente. Non è il corpo ma la mente a portarci oltre i confini della banalità. Non capiamo, non cerchiamo e non cogliamo uno dei frutti più dolci dell'amare.<% dim autore_file as string = "aFiGoZ" %>