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"Quelle mattine in cui, cercando cosa dovevi fare, aspettando la frenesia di sempre, ascoltavi soltanto un immoto silenzio, interrotto appena dal rapido ticchettio dell'orologio. Dal corridoio vuoto, dilagava inaspettatamente ed insistentemente la pace. E tu, titubante, senza credervi troppo, ti azzardavi ad assorbirla, voltandoti verso si essa. Poiché al prete avevi chiesto se dovevi accettare la vita così, come angoscia. Per sempre. E non sapevi ancora bene la risposta. Eppure quando avevi letto, a scuola, quei classici della letteratura, ti avevano detto di avere speranza. Avevi letto anche Kierkegaard. In "Aut, aut" stava scritto che, nel nostro regno di possibilità, fare una scelta è una limitazione, poiché, una volta fatta, essa preclude tutte le altre, avute, in dote, assieme alla libertà. Tuttavia una scelta, diceva Kierkegaard, bisogna farla. Bisogna irrompere nel reale."
Questi erano i suoi pensieri quel mattino. Il mondo dei libri era stato un mondo di sogni? Intanto aspettava Marcus. Scelte ne aveva fatte, poiché gli eventi lo chiedono. Molte sbagliate. "Una scelta preclude tutte le altre" sull'unica strada. Leggeva i giornali. Gli argomenti erano principalmente scandali, tangenti. C'erano estorsioni di danaro, anche spicciolo, così, momento per momento, in rapporti umani comuni, come strano senso di ogni incontro. La parola non serviva più a comunicare, ma a dominare. E' vero, l'economia, il denaro diventavano propriamente lo strano senso di ogni incontro. Lo ripeteva nella sua mente, come una scoperta. Questo è il tracciato su cui stiamo giocando la nostra corsa, anche se forse è, questa, una scelta non voluta.
Restava in silenzio, quella mattina aveva il coraggio di ascoltare. Uscì fuori. Aspettava Marcus. Aveva la fortuna di vedere all'orizzonte, davanti alla sua casa, la perfetta bellezza di un bosco di aceri e betulle. Abbiamo abbandonato la pratica del silenzio, per gettare la nostra anima sotto valanghe di rumori e di vaniloqui. Fece ancora qualche passo, oltre la soglia della casa. Respirò a pieni polmoni. Qualcuno ha detto che il silenzio fa paura. Paura di leggere in noi stessi e di dover capire ciò che non vogliamo fare: per impotenza, per codardia, per pigrizia. Il silenzio non esiste più, come cosa del tutto naturale, come le nubi, come l'aria. E alla morte del silenzio, segue inevitabilmente la morte della parola.
Ma oggi si sentiva di voler procedere, oggi avrebbe fatto un passo avanti nella sua vita. Le sembrò, più tardi, di poter scrivere di un tempo ritrovato.
Stilò su di un quaderno di appunti: "Armonia è quando i due lacci scomposti dell'esistere si incontrano, si chiudono e si realizza qualcosa in più di quel solo incontro. Si crea una nuova forma, una nuova tensione. Si chiude il cerchio. Non si tratta più di due segmenti, si tratta di un cerchio." (Così come vuole la legge della nostra percezione sia sensoriale che psichica, per la quale un cambiamento, anche parziale, dell'immagine reale, può diventare innovativo, catalizzatore e trasformarla. Accadendo, può portare, di riflesso, una modificazione sostanziale a tutta l'immagine o, su di un altro piano, a tutto il momento interiore. E realizzare una nuova entità, una nuova forma: gli psicologi la chiamano una nuova "gestalt"). E' un luogo inedito ed inaspettato. Due lacci scomposti si incontrano e si chiudono. Una linea si chiude e non è solo una linea chiusa: è una nuova forma: è un cerchio. E' a sé stante, è un nuovo ente, con caratteristiche sue, potenzialità sue. Armonia è quando si incontra ciò che è disgiunto e ne esce una nuova "gestalt" : il senso della completezza: un salto qualitativo.
In quel momento le sembrava di averlo, per un breve attimo, effettuato, nel silenzio di quel mattino. In questo modo materializzava i propri pensieri. Altri, più reali, se ne affollavano. Ricordava l'estate 1990 a Santo Stefano, in Liguria. Ma andava anche più indietro. Aspettava Marcus. Da giovanissima, il suo sogno era viaggiare. Non per puro gusto, ma per cercare un posto dove vivere. E stabilirsi là. Per conoscere i luoghi dell'esistere e per collocare la propria anima all'interno dello schema dell'universo.
Ora sentiva e ammirava potentemente il silenzio. Esso, pure, permette di compiere nuovi viaggi. E di collocare la propria anima. Il silenzio, grande generatore di idee e pre-condizione della parola. Si accorgeva che esso acutizza le capacità cognitive, permette il contatto con l'universo, la ricerca e l'individuazione del vero o di alcune verità.
L'uomo della fine del ventesimo secolo, l'uomo telematico e nevrotico, fa tutto, in una fretta, di cui la pubblicità riempie i vuoti, in mezzo ad un frastuono interiore ininterrotto.
Esiste un silenzio occidentale? Un silenzio pari a quelli che aveva vissuto, immensi, in Asia o in Africa?
Iniziò a riordinare mucchi di libri e di fogli accatastati da troppi mesi. Sapeva che doveva ancora fermarsi ed ascoltare. Attendere il nascere di una nuova forma. Per lei, il mezzo poteva essere la scrittura, per altri avrebbe potuto essere la formulazione politica o il disegno architettonico. Certo, a vederla, la sua immagine era quella della seguace dello "job zapping": lavorava contemporaneamente per più aziende e si accaniva in molteplici attività, come un automatismo avviato, che procede inarrestabile. Ma le sue cose migliori non erano frutto di volontà o di iperattivismo. Al contrario, erano frutto di qualcosa che doveva germinare da dentro. Così, come in natura, bisogna attendere che avvenga, da sola, la crescita dell'erba. Quando cresce l'erba nuova, bisogna lasciare che accada e basta. E neppure, all'opposto, si può impedire che essa esca fuori, salvo distruggerla. Ed anche allora, essa finirebbe per rispuntare, imperterrita, come una forza interiore, che sempre deve ricominciare, perché chiamata ad esistere. E' strana, inspiegabile, una realtà germinante. E preziosa. Proprio come la vita. Quasi un premio, non meritato, ma, al contrario, ricevuto e, poi, dovuto all'esistere.<% dim autore_file as string = "aFiGoZ" %>