- Albert Camus, "La caduta": il senso del limite e dell'assurdo -
 

Albert camus: il senso del limite e dell'assurdo
 
COSA SI LEGGE IN CAMUS

Camus è un uomo intelligentissimo, che non si accontenta di "scivolare" sull'esistenza, ma tenta di sviscerarla per raschiarne il fondo autentico e in questo senso chi lo accosta sente subito dì camminare con lui, di essere uguale a lui.

Ciascuno, più o meno consciamente, vive o ha vissuto questa esperienza. Camus stimola fortemente questa indagine, anche se poi arriverà solo sulla soglia della via di uscita, egli non la varcherà completamente: esprimerà con grandezza un "umanesimo libertario" nella storia e nella politica, sempre a fianco degli oppressi. Sarà l'uomo" in perenne rivolta", che, dopo una breve adesione giovanile, si opporrà al comunismo, diventando alternativo al Sartre della rivoluzione. Interiormente,  ciò a cui  egli mirava era ghermire la sua vita per liberarla per sempre dall'assurdo che constatava. In questa opera, "La caduta",  egli parla soltan­to della "mia anonima carriera di falso profeta che grida, nel deserto e si rifiuta di uscirne".

Nelle ultime righe de "La chute", il protagonista chiede al suo solito interlocutore silenzioso ( tra l'altro anch'egli avvocato):

"Pronunzi lei le parole che da anni non hanno smesso di risuonare nelle mie notti e che finalmente dirò per bocca sua: - Fanciulla, gettati di nuovo in acqua, perché io abbia una seconda volta la possibilità di salvarci entrambi!

Una seconda volta, eh, che impudenza! Supponga, caro avvocato, che ci prendano in parola? Bisognerebbe decidersi. Brr... L'acqua è così fredda! Via, rassicuriamoci! Adesso è troppo tardi, e sarà sempre troppo tardi, per fortuna!"

Sono le ultime parole del romanzo. Sulla faccia ironica di Camus una risata, come se tutto quello che è stato detto fin qui, fosse stato un gioco, uno scherzo, a cui avevamo creduto.
 

IL SENSO DEL LIMITE E L'ASSURDO

Non è così, il libro ha valore. L'autore ha vissuto profondamente il senso del limite, di quel limite che coinvolge ogni esistenza umana e con il quale possiamo indicare, con una sola parola, tutto ciò in cui ciascun uomo si sente mancante, tutti quei momenti in cui la sua certezza di poter fare è costretta a fermarsi. La ragione stessa, nel romanzo, non è riuscita ad uscire dal cerchio chiuso della constatazione che tutto è assurdo: il titolo, già in sé, non dà speranza. La ragione non si è rivelata capace di cogliere l'intimo della realtà. A lei rimane solo la consapevolezza dei propri limiti, la coscienza di saper essere sistematica e chiarificatrice, ma insufficiente.

E', questo, un indizio fondamentale da seguire: Pascal scriveva che basta questa consapevolezza, perché l'uomo sia già più grande del proprio limite, superi già se stesso, la propria materialità. Nei Pensieri (fr.114) leggiamo: "La grandezza dell'uomo consiste nel fatto che egli si riconosce miserabile [...], per riconoscersi miserabili occorre esserlo, ma per poterlo fare, bisogna essere, al contempo, veramente grandi." Il suo pensiero è più grande di quello che può realizzare con i mezzi del proprio corpo, che sembra, anch'esso, in alcuni momenti, uno strumento inadeguato alla sua opera, cervello compreso. Osserviamo l'animale. Esso è limitato, ma non sa quali possibilità e facoltà avrebbe potuto avere: è come dentro una stanza senza finestre. L'uomo, invece, davanti a un traguardo che non riesce a raggiungere,  sa che potrebbe valicarlo, anche se non vede come. La sua stanza ha finestre, anche se alcune sono chiuse, ed egli è in grado di vedere se stesso nello sforzo di aprirle: è cosciente ed autocosciente.

L'animale è come un neonato, che è cosciente del mondo esterno - in maniera più o meno affinata -  ma non di se stesso. L'uomo, crescendo, passando da bambino ad adolescente, arriverà ad avere coscienza di sé. Non solo, arriverà anche ad accorgersi di avere coscienza di sé. Egli è autocosciente.
 

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