- Labirinto -
 

Jorge Luis Borges
 
BORGES: L'EQUIVALENTE VERBALE DEI DIPINTI DI ESCHER

Lo scrittore argentino Jorge Louis Borges diventa un'icona nell'avanguardia della letteratura americana. La fortuna dei racconti borgesiani ha generato una vera e propria moda letteraria definibile allo stesso tempo fantastica e filosofica, misteriosa e razionalistica. In Italia le sue opere ebbero anche un notevole influsso sui narratori delle successive generazioni (si veda per esempio il metodo di scrittura di Calvino nell'opera: "Il castello dei destini incrociati"). Cercando di inquadrare la ricca e multiforme produzione letteraria dello scrittore argentino, possiamo far riferimento ai due volumi di racconti maggiormente conosciuti: "Aleph" e "Finzioni". Ci serviamo della traccia fornitaci da Calvino per rappresentare le linee fondamentali di interpretazione dell'opera richiamando alcuni dei suoi giudizi sulla concezione e lo stile di Borges. Egli possiede una concezione intellettualistica e razionalistica della letteratura, una sorta di rivincita dell'ordine mentale sul caos che domina il mondo reale, quindi l'invenzione diventa il risultato di una raffinatissima opera della creatività razionale. Punto di partenza dei suoi scritti non è dunque il mondo reale, ma l'erudizione intellettuale maturata attraverso la lettura di innumerevoli libri. I suoi racconti si muovono sempre tra erudizione reale ed erudizione inventata, fra un'immensa biblioteca reale e una biblioteca fantastica parallela (cfr Biblioteca di Babele), e il libro in quanto sintesi di questi vari campi è forse il simbolo di tutta la narrativa borgesiana. La letteratura di Borges è difficilmente inquadrabile in un solo genere, è un continuo intrecciarsi tra il filone saggistico-filosofico e quello della narrativa pura (cioè invenzione di fatti e personaggi), in quanto a livello tematico le sue opere sono una continua riflessione attorno ad alcune idee archetipiche della filosofia e della religione; una tematica ampiamente trattata è, ad esempio, quella del labirinto sia interpretata come struttura atta a confonderci, sia come allegoria della vita umana. Il tema del labirinto è presentato anche nel brano "La biblioteca di Babele", appartenente alla raccolta Finzioni. Il racconto ha un carattere fantastico e metafisico, infatti da un lato l'universo-biblioteca sembra un universo possibile, ma non reale e perciò tipico della letteratura fantastica; dall'altro, questo è fatto oggetto di riflessioni che insistono sulle domande eterne della cultura occidentale come: cos'è l'universo, secondo quale ordine è composto. La componente allegorica inoltre arricchisce questo carattere fantastico e metafisico, quasi rendendolo possibile, tenendo insieme questi due elementi. Infatti il passaggio dalla dimensione fantastica a quella filosofica è mediata dall'oggetto inventato, cioè la biblioteca di Babele, che sintetizza l'immagine medievale dell'universo-libro di Dio.

"Universo" o "Biblioteca" di Escher

L'universo (che altri chiama la Biblioteca) si compone d'un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, bordati di basse ringhiere. Da qualsiasi esagono si vedono i piani superiori e inferiori, interminabilmente. La distribuzione degli oggetti nelle gallerie è invariabile.

"Biblioteca di Babele" di Escher

Quello che abbiamo presentato a lato dell'immagine, non è la didascalia della stessa come magari si potrebbe pensare, ma è solamente l'estratto dell'introduzione del brano La biblioteca di Babele di Borges; mentre la stampa è dell'artista olandese Escher. Ora forse apparirà più chiara la definizione che abbiamo usato per introdurre questo paragrafo riguardante due amanti dei paradossi e delle finzioni quali sono Escher e Borges (Borges, l'equivalente verbale dei dipinti di Escher).
Ambedue infatti sono soliti scardinare le nostre convinzioni circa ciò che noi banalmente chiamiamo realtà. Nei quadri di Escher non capiterà di rado di vedere, attraverso un uso del tutto originale della prospettiva, scale che conducevano in alto trasformarsi in scale che conducono in basso.

"Mani che disegnano" di Escher

Esempi famosi del suo lavoro includono le "Mani che disegnano", un'opera che rappresenta due mani che si disegnano l'un l'altra, "Salita e discesa", nel quale file di persone salgono o scendono una scala in un ciclo infinito, su una costruzione che è impossibile costruire, ma è possibile disegnare servendosi di stranezze della percezione e della prospettiva. Le opere dell'autore furono molto amate dai matematici e dai logici che apprezzano il suo uso di poliedri, distorsioni geometriche ed interpretazioni originali di concetti appartenenti alla scienza. Le implicazioni logiche, matematiche, geometriche e fisiche, intrinseche alle sue opere, sono piuttosto variegate; uno dei temi che andremo a trattare e diffusamente esaminato dall'artista è quello della autoreferenzialità, il quale causò non pochi problemi durante la fine del XIX secolo, quando si assistette alla crisi del positivismo.
 

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