- Eugenio Montale e il “male di vivere” -
 


Montale è uno dei poeti del novecento che meglio descrive la sofferenza, in particolare nelle due raccolte “Ossi di seppia” e “La bufera e altro”: nella prima Montale grazie alle poesie come “Meriggiare”, “Spesso il male di vivere ho incontrato” e “cigola la carrucola nel pozzo” descrive sofferenze diverse, infatti nella prima Montale parla della sofferenza nascondendola all’interno di una descrizione di un paesaggio di mare ligure, nella seconda la sofferenza che è implicita nella vita e nella terza la sofferenza nella dimenticanza; nella seconda raccolta la sofferenza viene vista soprattutto nella II Guerra Mondiale e viene rappresentata al meglio ne “La primavera hitleriana”.
Tuttavia non intendo parlare qui della sofferenza nella guerra poiché secondo me la descrizione, sicuramente voluta così da Montale, è molto piena di allegorie e quindi poco consone al mio punto di vista, per questo ho deciso di parlare nelle altre pagine di Owen.
Quindi parlerò in modo particolareggiato delle poesie all’interno della raccolta “Ossi di seppia” e delle poesie già menzionate.

Spesso il male di vivere ho incontrato

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

Comincio subito parlando di “Spesso il male di vivere ho incontrato” in cui il poeta tramite l’oggettivo correlativo usato nei primi quattro versi trasmette al lettore un senso di angoscia per poi negli ultimi quattro cerare di ritrovare una via di fuga da questa e il poeta la trova nella “divina Indifferenza”, cioè nel lathe biosas epicureo.
La sofferenza la si può trovare anche negli ultimi versi di meriggiare che a mio parere sintetizzano al meglio il punto di vista del poeta nei confronti della vita, infatti Montale dice:

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste maraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia

non credo che a questi ultimi versi occorra un commento sul loro significato.
Tuttavia per Montale la sofferenza non è solo proiettata alle azioni presenti, ma anche a quelle passate, infatti in più di una poesia (“cigola la carrucola nel pozzo”, “non recidere forbice” e “La casa di doganieri”) il poeta parla anche della sua sofferenza rivolta al passato, poiché egli non ricorda più molto bene le persone passate, quei “volti” che hanno “evanescenti labbri”4 di cui il poeta si sta dimenticando.
 

CITAZIONI

3. Autori vari, “Biblioteca”, Archimede Ed., Varese 2002, edizione blu, volume 3 tomo II, p. 647
 
<< INDIETRO