- Freud e il determinismo psichico -
 

Sigmund Freud
 
SIGMUND FREUD

Sigmund Freud, nato a Freiberg in Moravia nel 1856 da genitori ebrei, era un medico che all'inizio della sua carriera si imbatté in un caso di isteria e decise di curarla, seguendo la strada dell'ipnosi iniziata da Joseph Breuer. Questa tecnica permetteva di far riaffiorare nei pazienti ricordi che erano stati dimenticanti, attinti a quello che Freud per primo definirà inconscio. Nel 1938 Freud è costretto a lasciare Vienna per via delle persecuzioni naziste e a recarsi a Londra dove muore l'anno successivo. Tra le sue opere maggiori ricordiamo: L'interpretazione dei sogni (1900), Psicopatologia della vita quotidiana (1901), Totem e tabù (1913), Introduzione alla psicoanalisi (1915-1917), Al di là del principio del piacere (1920), Psicologia delle masse e analisi dell'io (1921), Il disagio della civiltà (1929) e Costruzioni in analisi (1937).
 
LA SECONDA RIVOLUZIONE COPERNICANA

Il Positivismo aveva un'enorme fiducia nella scienza, e spinse un'enorme sviluppo in vari settori, anche oggetto di contestazione, come nel caso della psicologia. Tuttavia gli esiti di quest'ultima disciplina sono ben lontani dall'ottica positivista. Esempio massimo è proprio Freud che, padre della psicanalisi, sfonda il positivismo, va oltre. Freud si dichiara scienziato ma contesta la visione positivista del mondo.
Sigmund Freud era un docente universitario neuropatologo quando inizia ad occuparsi di una malattia del sistema nervoso, l'isteria. Isteria deriva da una parole greca che indica l'utero: il termine era usato in relazione alla fragilità femminile, si trattava dunque di un'attribuzione culturale e tradizionale; Freud prende in considerazione questa malattia, ma rifiuta lo stereotipo, poiché non si tratta di fatti positivi. Si concentra dunque sulle posizioni assunte, sulla paralisi, sulla cecità, fatti che suggerivano il malfunzionamento del sistema nervoso (piuttosto che di quello muscolare). L'obiettivo dello studioso positivista, quale Freud inizialmente era, è trovare una cura eliminando tutte le interpretazioni.
In Europa vi erano già al tempo molti neurologi, come Breuer con cui studia a Vienna, Bernaim e Charcaux. Era allora frequente l'uso dell'ipnosi, che permetta al paziente di raggiungere uno stato di coscienza intermedio tra la veglia e il sonno durante il quale al medico era possibile impartire dei comandi che sarebbero poi stati eseguiti al risveglio (suggestione post-ipnotica). Con questa tecnica si erano ottenuti buoni risultati verso i sintomi dell'isteria: era ad esempio possibile ordinare ad un isterico paralitico di camminare. Le cause della malattia, spesso ignote anche al soggetto, potevano essere isolate tramite l'ipnosi.
Freud elaborerà così una teoria dell'inconscio, una vera e propria seconda rivoluzione copernicana. Quello che noi di solito chiamiamo soggetto ruota in realtà attorno all'inconscio, parte della nostra psiche che si contrappone a quella conscia e alla quale è ignota. Dirà Freud che, come un iceberg, la parte inconscia è in realtà preponderante rispetto a quella conscia. Questa visione si contrappone al concezione cartesiana del soggetto come cogito, poiché  in realtà esso non si conosce a fondo.
Tuttavia a Freud interessano molto anche le cause, da ricercarsi sotto la superficie dell'acqua, per questo nascerà la psicanalisi o psicologia del profondo. Il suo obiettivo è elaborare una teoria sull'inconscio e per questo nel 1895 scrive Studi sull'isterismo dove stende le prime ipotesi: la causa dell'isteria sembrava legata al fatto che la psiche (complessa e non unitaria come è) non riesce a scaricare cariche energetiche (si noti l'uso del linguaggio fisicalista tipicamente positivista) in maniera normale, che vengono per questo espulse per via somatica (es. cecità). Queste cariche sono collegate alla memoria di un evento traumatico in sé, che non è riportabile a galla, è memoria repressa che deve sfogarsi in qualche maniera. Il paziente in genere non ricorda queste esperienze, spesso legate a violenze sessuali subite nell'infanzia, poiché la coscienza impedisce che questa memoria venga a galla. Il sintomo assume dunque un ruolo di valvola di sfogo. Per curare queste malattie, strettamente correlate con la memoria e l'oblio, è necessario far riaffiorare questi eventi.
Già a questo punto dell'evoluzione del pensiero di Freud è importante notare come egli, partendo da un fatto positivo, arrivi, in maniera deterministica, ad una causa.

La rottura con il Positivismo

Nel 1900 Freud scopre che la sua ipotesi non funziona nell'aspetto più solido, quello del trauma iniziale. Si rende conto che questi traumi non sono mai esistiti, quanto raccontato dalle pazienti risultò di frequente essere falso. Tuttavia le pazienti non avevano inventato nulla, avevano davvero quei ricordi, così la conclusione a cui il primo psicanalista giunse fu che per la nevrosi la realtà psichica aveva più importanza di quella materiale. Si trattava di fantasmi di desiderio. Questa scoperta portò Freud a staccarsi dalla mentalità positivista, rivolgendosi maggiormente la psiche. La spiegazione deve essere cercata sotto, all'interno, nell'inconscio e nel pre-conscio (parte intermedia tra conscio e inconscio). Il conflitto risiede interamente sotto, tra pulsioni e principi morali. Come indagarli? Come fare psicanalisi? Come curare?
 

LE LIBERE ASSOCIAZIONI E I SOGNI

Uno dei metodi individuati da Freud è quello delle libere associazioni, ovvero sono nessi tra parole all'interno di un dialogo tra terapeuta e paziente. Il paziente (conscio, non in momentanei stati di trance) segue la regola delle associazioni: dato un input, continua ad associarvi parole fino a che si blocca o divaga (fenomeno del transfert).
In secondo luogo, Freud, ne L'interpretazione dei sogni individua due diversi tipi contenuti dei sogni, uno manifesto e uno latente. Il contenuto manifesto è ciò che ci ricordiamo al risveglio, ma è drammatizzato, è un'elaborazione del contenuto latente; obiettivo dello psicanalista è, a partire dal contenuto manifesto, giungere al contenuto latente, ovvero interpretare il sogno.
Il sogno secondo Freud svolge un ruolo fortissimo dal punto di vista fisiologico, è guardiano del sonno. Il nostro fisico ha infatti un assoluto bisogno di riposare, tuttavia esistono condizioni che ci impediscono di dormire, quali rumore, freddo, luce, oppure fame o necessità di evacuare, ma soprattutto condizioni che hanno a che fare con l'inconscio, i fantasmi di desiderio potrebbero spesso impedire il riposo. Il sogno serve allora assolvere a questi desideri in maniera inconsapevole e permettere quindi il riposo. Freud arriva a formulare leggi che permettono di risalire al contenuto latente, ai conflitti e alle tensioni inconsce. Le leggi dei sogni sono ad esempio la drammatizzazione, la simbolizzazione, l'intendere per opposto, oppure metafore ricorrenti come gli spazi cavi per la sessualità femminile, l'acqua per la nascita, i piccoli animali per i fratelli e le sorelle.
 
TRE SAGGI SULLA TEORIA DELLA SESSUALITÀ

Alla base di gran parte dei comportamenti umani Freud pone la sessualità, mossa dalla libido. La libido è il principio fondamentale del desiderio inteso come ricerca del piacere e modo di rapportarsi alla soma (il proprio fisico). Bisogna subito sottolineare che Freud opera un allargamento di significato per il termine libido, tanto che ne parla anche per i bambini. Infatti, in essi, divide la libido in tre fasi:
  • appena nato, il bambino, per poter sopravvivere deve nutrirsi, questo è il suo desiderio fondamentale e lo realizza tramite la bocca; la zona erogena è dunque quella orale (libido orale), il piacere è dovuto alla suzione; questa fase è auto-erotica, il bambino non si sente diviso dal resto, dal seno della madre;
  • lo sviluppo del corpo porta il bambino a controllare l'evacuazione e la defecazione, dunque dall'anno in poi il bambino potrà controllare gli sfinteri; questa è la fase anale, in cui la zona erogena cambia; il controllo appena acquisito produce piacere e ciò crea un nuovo rapporto con il mondo, controllare lo sfintere permette di concepire meglio il concetto di interno-esterno, io-altri, io-genitori; i bambini in se riescono a controllarsi sono gratificati dai genitori e questo fatto implica un "io" e un "genitore"; non è più autoerotismo, la libido anale è dovuta al rapporto con me e con gli altri;
  • nella terza fase, verso i 5 anni, il bambino inizia a provare piacere manovrando la zona erotica dei genitali (fase fallica o clitoridea); ancora non vi è relazione con gli altri, ma si coglie la possibilità, si capisce che i genitali sono un tramite che favorisce il collegamento;
Come si può intuire tutte queste fasi di libido sono strettamente correlate a bisogni primari del bambino.
A questo punto per i maschi subentra il complesso di Edipo: a livello inconscio si verifica una vicenda che si richiama il mito di Edipo. Come Sofocle aveva detto: è capitato a tutti di sognare di stare con la propria madre e di uccidere il padre. Verso l'età dell'ultima fase citata il bambino inizia a comprendere la differenza tra madre e padre e si innamora della madre e pensa di dover usare i genitali verso di lei; presto si accorge però di avere un antagonista, il padre. A livello inconscio il bambino lo teme e ne consegue un meccanismo di difesa: l'identificazione con l'aggressore, vuole essere come il padre così che da grande sarà in grado di avere l'amore della madre, o meglio del genere femminile. Vi è a questo punto la fase della libido genitale, in cui i genitali vengono usati come uno strumento per rapportarsi con l'altro sesso.

Per quanto riguarda la sessualità femminile Freud si trova ad essere più incerto ma elabora tuttavia una teoria complementare a quella del complesso di Edipo. Ipotizza un complesso di castrazione (di cui però anche il maschio ha paura): la bambina si rende conto di non avere il pene e ciò viene percepito come una mancanza (invidia del pene). La femmina, come il maschio, ama la madre e coglie che anche lei non lo ha, dunque il rapporto con la madre diviene assai complesso. Per invidia del pene si sposta il proprio amore verso il padre (che non è mancante), divenendo così femmina. Tuttavia si sviluppa allora un meccanismo di avversione inconscia nei confronti della madre, concorrente nell'amore verso il padre. Torna così in gioco il principio di identificazione con l'aggressore: la bambina si identifica con la madre per avere un maschio, con il quale avere un figlio maschio da dare al padre per compensare alla propria manchevolezza.

Queste fasi possono aiutare a curare nevrosi, o almeno a comprenderle meglio. Infatti secondo Freud le nevrosi erano dovute al non corretto sviluppo delle fasi elencate o alla regressione ad una di esse.
 

TRANSFERT

Durante le sedute psicanalitiche a Freud capitò spesso di instaurare relazioni empatiche con i pazienti: si evidenziavano frequenti tentativi di costruire rapporti affettivi stretti. In linguaggio tecnico questo genere di fenomeno (ovvero il tentativo da parte del paziente di instaurare legami stretti con il terapeuta) è chiamato transfert, cioè l'indirizzamento di quelle cariche e passioni che da es che erano dovrebbero diventare io. Il terapeuta riceve atteggiamenti libidici ma anche aggressivi (zanathos). Dapprima Freud vedeva questo fatto solo come un problema mentre invece in seguito pensò di sfruttarlo per portare avanti al cura, ma non seguendo uno schema positivistico poiché si tratta di sentimenti. A volte l'obiettivo del paziente che effettuava un transfert era proprio quello di far interrompere la terapia (guadagno secondario del sintomo). Quando si manifesta il transfert significa che ci si sta avvicinando al cuore del problema, per questo bisogna rispondere con un contro-transfert, una risposta ma controllata. Per poter applicare il contro-transfert ovviamente il terapeuta deve fare psicoanalisi prima di tutto su sé stesso.
 
PSICOPATOLOGIA DELLA VITA QUOTIDIANA

Freud analizza altre vie per accedere all'inconscio oltre ai sogni come le battute di spirito, le dimenticanze di nomi, parole straniere, memorie giovanili e i lapsus, gli errori nel parlare, nel leggere e nello scrivere, azioni erronee e altro ancora, fatti di vita quotidiana. Nell'opera Freud giunge alla conclusione dell'esistenza di un guadagno secondario della nevrosi: il sintomo nevrotico mantiene un certo equilibrio nella persona affetta, e per questo il malato oppone una resistenza ai tentativi di cura (ad esempio attraverso il transfert). Eliminare la nevrosi è come eliminare la stampella ad una persona che che fatica camminare.
In Psicopatologia della vita quotidiana si analizzano errori e dimenticanze che hanno anche persone comuni, è solo una questione di quantità. Questo significa negare il libero arbitrio, si evidenzia nel pensiero di Freud una forte componente determinista.

Determinismo psichico

C'è molto meno libertà ed arbitrarietà nella vita psichica di quanto siamo propensi a credere, forse non ce n'è affatto. Ciò che chiamiamo caso nel mondo esterno può, come è noto, risolversi in leggi; così anche ciò che chiamiamo arbitrarietà nella mente si basa su leggi che solo ora cominciamo oscuramente a sospettare.

Siamo consciamente confusi e inconsciamente controllati.

Sigmund Freud

In psicoanalisi con determinismo psichico si intende l'assunto introdotto da Freud che nessun fenomeno psicologico (sogni, sintomi) accade per caso, ma che al contrario possono essere sempre trovate precise cause. Qualsiasi azione, pensiero o emozione ha sufficienti cause, per quanto esse possano essere difficoltose da trovare, per determinarlo.
Nell'ultimo capitolo di Psicopatologia della vita quotidiana Freud porta diversi esempi di come non ci sia nulla di casuale nelle nostre azioni; in forza di questa tesi cita R. M. Meyer che sosteneva che non era possibile comporre qualcosa privo di significato o arbitrariamente, ed estende con una serie di esempi sull'impossibilità di inventare un numero senza senso.
Ad esempio un suo paziente aveva pensato il numero 426'718 e dietro indicazione di Freud aveva iniziato una catena di libere associazioni. Per prima cosa ricordò un detto che recitava "Se curi la tua malattia dal dottore durerà 42 giorni, se non la curi 6 settimane". Le cifre presenti corrispondono alle prime 4 del numero pensato (42 giorni sono 6 settimane lunghe 7 giorni). Freud gli fece allora notare che il numero conteneva tutti i numeri da 1 a 8 eccetto il 3 e il 5, allora il paziente pensò che quei due numeri corrispondevano a due dei suoi 6 fratelli, il 3° e il 5° figlio, che egli considerava i suoi nemici e collegò la presenza del numero 8 al desiderio di avere un fratello più piccolo (egli era infatti il più giovane dei 7) sul quale poter esercitare il ruolo di fratello maggiore. Il collegamento era a questo punto chiaro: la presa in giro nei confronti dei dottori indicava il desiderio che il padre (morto in giovane età) fosse vissuto più a lungo, così da potergli dare un fratello minore, e che al suo posto fossero deceduti il fratello e la sorella che egli riteneva nemici.
Freud parla poi della sensazione che si ha molto spesso, quando cioè si è convinti che la scelta fatta era assolutamente arbitraria e che avrebbe benissimo potuto essere altrimenti, ma sottolinea anche che si ha questa sensazione per lo più in relazione a scelte marginali, mentre per quelle importanti si ha l'impressione di aver operato l'unica scelta possibile. Minima non curat praetor.
Si badi che Freud non parla in alcun modo di determinismo biologico.

Le critiche

Contro questa visione così deterministica della psiche umana, dopo Freud, si sono mossi illustri pensatori. Primo tra tutti il suo allievo Carl Gustav Jung che definisce l'interpretazione del maestro riduttiva. Egli ritiene infatti che sia sbagliato tentare di di spiegare ogni comportamento in termini di processi istintuali inconsci, ritiene al contrario che "nessun fatto psicologico può essere spiegato esclusivamente in termini di causalità; come un fenomeno vivente, esso è sempre indissolubilmente legata alla continuità del processo vitale, dunque non è semplicemente qualcosa che si è evoluto ma continuamente in evoluzione e creativo" (Collected Works, 6, paragrafo 717, traduzione dalla lingua inglese).
Si opporrà alla pretesa di spiegare la totalità delle cause di un comportamento anche Karl Popper, con la sua critica all'induttivismo. Egli, in Congetture e confutazioni, sostenne che le teorie di Freud (come anche quelle di Marx e Adler in particolare) fossero onni-esplicative, potevano spiegare qualsiasi cosa, a volte necessitando solamente di alcune modifiche. Per questo motivo Popper riteneva che la psicanalisi non potesse essere ritenuta una scienza in quanto le sue teorie non erano falsificabili, al contrario ad esempio della teoria della relatività, costantemente a rischio di essere falsificata. Un semplice esempio è quello di sostenere che colui che nega di avere il complesso di Edipo, stia in realtà tentando di reprimerlo.

Sartre

Jean Paul Sartre, in Essere e nulla, muoverà una critica all'intera teoria di Freud a riguardo dell'inconscio. Egli infatti sostiene che ogni atto di coscienza abbia due aspetti contemporaneamente: una coscienza posizionale e una coscienza non-posizionale. Essi sono essenzialmente due lati dello stesso atto. La coscienza posizionale è l'essere consci dell'oggetto su cui ci abbiamo posto la nostra attenzione. Sartre afferma tuttavia che un atto di coscienza non può mai avere come oggetto sé stesso, o meglio, ne ha coscienza ma non come oggetto.
Per comprendere meglio come Sartre veda la coscienza si potrebbe fare un paragone con una persona dietro ad una telecamera: egli può mettere a fuoco qualsiasi oggetto desideri, anche altre telecamere (ovvero altri atti di coscienza), ma non potrà mai riprendere sé stesso. Tuttavia la persona dietro alla telecamera è perfettamente consapevole di star riprendendo da un certo punto, di star utilizzando un punto di vista. È importante sottolineare che l'uomo dietro alla telecamera è nettamente separato dall'oggetto su cui ha posto la propria attenzione, ne è diviso.
Analogamente la coscienza è conscia di sé stessa nella forma di essere consapevole di star assumendo un punto di vista, pur senza vedersi come oggetto. Questa forma di coscienza è quella che Sartre chiama la coscienza non-posizionale. A questo punto si può comprendere il significato di posizionale, termine che non ha alcun significato (direttamente) collegato allo spazio, ma che deriva da porre, ovvero la coscienza posizionale pone gli oggetti, mentre quella non-posizionale no.
Inoltre abbiamo detto che la telecamera è nettamente separata dall'oggetto, infatti quando leggiamo un libro che ci appassiona molto la nostra coscienza si concentrata totalmente su di esso, sulla storia, fino a farci dimenticare di noi (è quella che Sartre chiama la coscienza non-riflettente, poiché non c'è più un "io"), ma non per questo diveniamo parte della storia. Sia che si tratti di una narrazione in terza persona che in prima persona il lettore ha sempre un punto di vista panoramico e comunque dato e non modificabile.
Sarte sostiene che le cose non possono che stare in questa maniera: se non esistesse l'aspetto non-posizionale della coscienza essa finirebbe per non avere più un punto di vista e quindi identificarsi completamente con l'oggetto stesso. Sarebbe coscienza inconscia, concetto evidentemente contradditorio, ma più che contraddittorio (per Sartre la coscienza effettivamente è contraddittoria) semplicemente non descrive correttamente come stanno le cose. Per queste ragioni Sartre rifiuta l'inconscio freudiano, è una forma di coscienza inconscia.
Sartre ripropone la sua avversione all'inconscio anche in relazione alla Teoria dell'Amor Proprio. La Teoria dell'Amor Proprio è esplicabile tramite il seguente esempio. Il mio amico Lorenzo si trova in pericolo di vita e per questo io accorro ad aiutarlo. Dapprima questo comportamento potrebbe sembrare generoso, amichevole e virtuoso ma la Teoria dell'Amor Proprio mostra la cosa diversamente. Il fatto che Lorenzo sia in pericolo di vita produce in me una sensazione spiacevole di angoscia mentre salvarlo potrebbe crearmi una certa sensazione di auto-compiacimento: io anticipando questi fattori compio un'azione che non ha nulla di virtuoso, poiché le reali motivazioni che mi hanno spinto a compiere l'azione sono in realtà del tutto egoistiche. Tuttavia io non sono conscio di star agendo egoisticamente: ciò accade a livello inconscio.
L'inconscio in questa teoria è stato introdotto per salvare una teoria che non è supportata dai fatti (io non sono consapevole di essere egoista). Sartre accetta in pieno questo ragionamento (il fatto che la cosa mi crea angoscia, che so prima che salvare l'amico mi creerà soddisfazione, ecc.) se non per un punto: che queste consapevolezze sono posizionali. Sartre rifiuta il fatto che debba per forza essere così, che per forza io debba prendere coscienza di questi fatti come oggetti (rifletterci direttamente). Infatti la Teoria dell'Amor Proprio ignora la componente non-posizionale dell'atto di coscienza: la coscienza posizionale è "Lorenzo è in pericolo di vita", rifletto direttamente su questo e il mio obiettivo è cambiare la situazione, mentre la coscienza non-posizionale (su cui non rifletto) è "mi crea angoscia che Lorenzo sia in pericolo e se lo salvò ne avrò gratificazione", è un fatto collaterale dovuto alla consapevolezza che la mia coscienza ha di sé stessa.
Non c'è necessità di postulare alcun inconscio nella visione di Sarte, concetto che per altro limiterebbe la responsabilità umana, e conseguentemente la sua libertà. L'uomo nel caso sopra citato diventa colpevole/egoista quando assume una coscienza posizionale della sua angoscia per il fatto in corso, ovvero quando ci riflette direttamente e di conseguenza agisce.
 

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