- Il suicidio nello stoicismo -
 

Marco Aurelio
 
Lo stoicismo e la morte del saggio

La scuola stoica fu fondata intorno al 300 a.C. da Zenone di Cizio, ad Atene. L'ultimo suo grande esponente fu Marco Aurelio, morto nel 180 d.C. La filosofia stoica si presenta suddivisa in tre parti correlate ed interdipendenti: logica, fisica ed etica. Per logica s'intende lo studio e la conoscenza del discorso, che si divide in retorica (scienza dei discorsi comuni, come le orazioni) e dialettica (scienza dei discorsi organizzate per domande e risposte). All'interno di questa classificazione grande importanza ebbe la dottrina del significato: il pensiero stoico si basa sul presupposto dell'esistenza di una corrispondenza tra la realtà e il linguaggio, tale da garantire l'oggettività del discorso.

La concezione stoica de mondo fisico presenta forti influenze platoniche e aristoteliche, riprendendo tuttavia anche concezioni presocratiche, derivanti soprattutto da Eraclito, da cui adotta l'idea del fuoco come elemento primario, identificato poi con il logos, immanente e inseparabile dalla realtà. Lo stoicismo dunque si propone di spiegare la realtà utilizzando un rigoroso immanentismo, evitando i principi trascendenti: tutto ciò che esiste è corporeità, compresi anche concetti tradizionalmente considerati trascendenti la corporalità (divinità, anima, vizi, virtù). Reale è, difatti, solo ciò che compie o subisce un'azione, prerogativa questa esclusivamente dei corpi. In questo "tutto corporeo" che compone la natura troviamo due principi fondamentali, l'uno attivo e l'altro passivo. La materia, sostanza priva di qualità, prende forma per opera di un principio attivo, anch'esso corporeo, detto pneuma. Quest'ultimo altro non è che la manifestazione corporea del logos, l'intelligenza divina, che permea tutta la realtà e le dona un ordine razionale.

Ma è soprattutto riguardo all'etica che il pensiero stoico si sofferma particolarmente. Secondo gli stoici il fondamento dell'agire morale è da ricercarsi nella natura, che, come già detto, coincide con il logos: bene è ciò che segue il corso della natura, il male consiste nell'andar contro tale corso naturale. Utile e buono è dunque tutto ciò che consente all'uomo di realizzare la propria natura d'essere razionale, privo di stimoli verso il piacere e imperturbabile di fronte alle passioni (atarassia). Gli stoici sostengono che il suicidio non sia, in certe circostanze, una forzatura del corso degli eventi, quanto piuttosto il contrario: se l'uscita dalla vita non viene vissuta come una fuga, ma come un'uscita razionale (éulogos exogè), essa non può che esser considerata come il compimento di quel cammino di ogni uomo verso il perfezionamento e la completa realizzazione. Sono di conseguenza giustificate le morti autoinflittesi per essere d'esempio a qualcuno o per la salvezza della patria. Il suicidio stoico è considerato un atto di estrema libertà individuale. Può però essere attuato solo da un vero sapiente, vale a dire un uomo che ha raggiunto un livello di conoscenza e d'imperturbabilità tale da permettergli il privilegio di attuare un suicidio "ben ponderato", per i motivi sopra indicati o semplicemente nel caso in cui comprenda di aver raggiunto il proprio scopo in questa vita. È quella degli stoici un'etica che identifica la libertà con l'accettazione dell'ordine razionale e perfetto del tutto e il bene con l'adeguamento ad esso, e i cui contenuti assumeranno quindi la forma di un dovere.

Tutte le questioni evidenziate dalla filosofia stoica saranno in seguito trattate dagli scritti di Seneca, uno dei più grandi esponenti della prosa filosofica romana.

 

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