Kant: Critica della ragion pura
Conoscenza sensibile, intelletto e ragion pura
La Critica della ragione pura si propone di considerare la metafisica,
scienza del perché, e vedere se si tratta di una disciplina
universalmente valida, ovvero attorno alla quale ha senso indagare. La
ragione del Soggetto dunque viene sottoposta nell'opera di Kant sotto il
giudizio di un tribunale. Critica della ragion pura significa
osservazione del proprio intelletto, infatti l'opera è ripartita secondo
le sue parti:
- estetica trascendentale (scienza che studia come posso conoscere
gli oggetti sensibili attraverso matematica, spazio e tempo)
- logica trascendentale
- analitica (delinea l'ambito delle discipline scientifiche,
formata da 12 categorie)
- dialettica (metafisica, pone i limiti alla possibilità di
conoscenza)
Kant non vuole accettare solo conoscenze probabili, la scienza sembra il
linguaggio progressivo dell'uomo, ci devono essere dei nuclei comuni e non
probabili. Egli riteneva in sostanza che l'intelletto umano avesse la
possibilità di creare una conoscenza universale. Però prima di potersi
concetrare sue questo bisogna criticare, ovvero stabilire la possibilità,
la validità e i limiti dell'oggetto di studio, in questo caso la
ragione pura, usata a priori.
Nella "Critica della ragion pura" Kant si pone
quattro domande:
- Come è possibile una matematica pura?
- Come è possibile una fisica pura?
- Come è possibile la metafisica come disposizione mentale?
- Come è possibile una metafisica come scienza? O meglio, è
possibile?
L'opera può anche essere suddivisa in una pars construens e una
destruens nei confronti della ragion pura.
Pars costruensSe matematica e fisica non fossero pure sarebbero contingenti,
ovvero non incontrovertibili, quindi empiriche, ma questa visione
ricondurrebbe ad un paradigma debole tipico dell'empirismo radicali
humiano che Kant non accetta. Non
ricorre però neppure al dogmatismo, ma al criticismo: quali sono le condizioni Soggettive che
permettono che queste due scienze siano pure? Come sono possibili i giudizi
sintetici a priori (o puri), ovvero prima dell'esperienza sensibile? Tentiamo di
capire meglio su cosa sta indagando Kant.
Giudicare significa
mettere assieme un soggetto e un predicato, questo può essere fatto in modo
analitico o sintetico.
Un giudizio è analitico se non aggiunge nulla a quanto già si sa (analisi
significa divisione),
ad esempio le affermazioni "A è
A" o "materia è estesa" (res extensa) sono giudizi
analitici. Alla base di questo tipo di giudizi vi
è il principio di non
contraddizione e di identità e per questo si tratta in realtà di tautologie, servono per precisare
(banale, ma assai utile), per definire; si tratta di una forma di "conoscenza" a priori,
in quanto non si necessita di sperimentare nulla.
I giudizi sintetici sono invece frasi che aggiungono qualcosa al predicato
come "i
corpi sono pesanti", poiché il concetto di peso non è intrinseco alla materia.
In questo caso, però, è richiesta una sperimentazione (devo aver
sperimentato il peso).
Ma se io
sento il peso di uno vale per tutti? Posso formulare giudizi sintetici a priori?
Sommare 7 a 5 darà sempre 12, non è necessario verificarlo ogni
volta; questa somma è sintetica, con i due addendi individuali non ho il numero 12.
Matematica e
fisica sono necessarie perché permettono giudizi sintetici a priori.
Come avviene la conoscenza sensibileComa fa il soggetto ad
ottenere una conoscenza sensibile? Prima di tutto è dotato di
organi sensoriali che registrano dati, sono ricettivi e mi lasciano un'impressione
(come già diceva Hume), è una forma di conoscenza passiva. Questi dati sono episodici, è poco; in realtà hanno molto più
senso (divengono oggetti sensibili) quando li elaboro. Noi veniamo impressi e li
riconosciamo perché li inseriamo all'interno di uno schema spazio-tempo.
Lo spazio mi permette mi permette di conoscere gli oggetti di matematica
geometrica mentre il tempo è più adatto ad interpretare l'algebra.
Spazio e
tempo sono i trascendentali della conoscenza sensibile. Se i dati sensibili sono
la materia, spazio e tempo sono
la forma (ovvero il metodo con cui il mio logos li organizza), insieme
formano gli oggetti o il fenomeno. Spazio e tempo sono inoltre intuizioni pure (forma
di conoscenza
immediata) poiché non ho bisogno dei sensi per coglierli. Spazio e tempo
tuttavia non sono definibili come idee innate perché senza i dati empirici sono vuote.
In conclusione Kant rifiuta l'innatismo nel senso tradizionale ma si discosta
anche dell'empirismo.
L'autocoscienza giustifica le categorie e la conoscenza mediata
Per oggettivare ulteriormente i dati sensibili posso anche applicarvi le
categorie, ovvero concetti puri, basiliari della mente che
rappresentano le supreme funzioni unificatrici (come capiremo meglio tra
poco) dell'intelletto. Si tratta delle condizioni delle mediazioni, ovvero
quelle che mi permettono la conoscenza mediata (intelletto). Le categorie
sono:
- Quantità
- Qualità
- Realtà
- Negazione
- Limitazione
- Relazione
- Dell'Inerenza e sussistenza (sostanza e accidente)
- Della Causalità e della dipendenza (causa ed effetto)
- Della Comunanza (azione reciproca fra agente e paziente)
- Modalità
- Possibilità - impossibilità
- Esistenza - inesistenza
- Necessità - contingenza
Sembra un'idola di Bacone, anticipo la natura, le applico la mie categorie.
Per giustificare le
categorie devono essere dedotte. Deduzione è
da intendersi in senso giuridico, ovvero giustificare, legittimare qualcosa, non
de
facto ma de iure: non devo inventare la realtà ma ordinarla, solo questo è
legittimo. Per quanto riguarda spazio e tempo è diretto e immediato, se così non
fosse non potrei conoscere nulla.
Le categorie invece, che sono mediate, potrebbero farmi sbagliare; a
riguardo dell'attendibilità
della scienza Hobbes diceva che la geometria funzionava perché era una creazione
umana, quindi altrettanto non valeva per la fisica (era infatti
sostenitore di un paradigma debole della fisica); Kant ancora una volta riprende la via criticista:
intende dimostrare che de
iure (dedurre) che le categorie funzionano.
Per elaborare una conoscenza scientifica bisogna prendere i dati, elaborarli,
unificarli e quindi generalizzarli. I dati però sono tutti diversi, non si unificano da
soli, devo farlo io; questa unificazione è fatta da una struttura comune a tutti
gli uomini, quello che Kant definisce l'io penso, ovvero io unifico, azione di unificare ciò
che è molteplice.
Cosa so io di me stesso? Io mi colgo nell'atto di unificare
per appercezione, autocoscienza. Di questo dunque sono certo, e dato che i miei
giudizi (espressione dell'io penso) si basano sulle categorie esse devono
essere corrette, dunque la natura fenomenica obbedisce alla mia mente, ma solo
ed esclusivamente quella fenomenica (ovvero quella per me, inteso come
Soggetto), a quella noumenica non posso giungere, so soltanto che c'è perché si
manifesta a me come fenomeno. In sostanza poiché io sono certo dell'io penso per
autocoscienza, e il metodo dell'io penso sono le categorie, allora ai fenomeni
devono necessariamente poter essere applicate queste categorie. Per Cartesio
l'indubitabile era il cogito ergo sum, muovendosi però poi dal
verbo (cogito) alla res cogitans che è invece un oggetto.
Kant rifiuta questo salto, ritiene che sia scorretto far passare dall'agire
all'anima (per Cartesio soggetto metafisico detentore di idee innate, spirituali), l'io penso
kantiano è solo forma.
Per dimostrare che le categorie possono ordinare la natura Kant crea
un'interfaccia tra conoscenze sensibili e mediate: il tempo. Crea
degli schemi trascendentali ovvero la traduzione delle categorie
calate nel tempo.
Ad esempio il nesso di causalità non è empirico, come sosteneva Hume, ma a
priori: la categoria causa-effetto si traduce, calata nel tempo, nella
successione necessaria delle cose. Attraverso questi principi dell'intelletto
puro possiamo applicare le categorie alla conoscenza sensibile. In
questo senso, l'io penso è, attraverso la natura,
legislatore.
La dialettica trascendentale (pars destruens)La pars destruens, risponde al
quesito che chiede se è possibile una metafisica come scienza. Il
termine dialettica ha una connotazione negativa: si tratta di un uso apparente
(apparenza non in senso estetico) delle forme pure (le categorie) che porta ad
una conoscenza illusoria. Essa ci fa credere di poter utilizzare quella che Kant
definisce ragione in senso stretto, la facoltà che pensa l'incondizionato, la totalità.
Essa, per quanto illusoria, si occupa di tre tipi di scienza:
- la psicologia razionale: scienza che si occupa dei fenomeni psichici,
intesi come frutto della psyche o anima;
- la cosmologia
razionale: scienza che si occupa dei fenomeni fisici, del cosmo o
physis ordinata;
- la teologia razionale: scienza che studia ciò che sta
alla base dei due precedenti, Dio, l'archè;
Le modalità di queste indagini sono illusorie, in quanto
tentativo di applicazione delle categorie al di fuori del fenomenico. Si tratta
però di
una tendenza naturale, abbiamo dentro noi il desiderio di pensare senza dati, come
quando la colomba presa
dall'ebbrezza del volo e sentendo l'impedimento dell'aria immagina di volare
meglio senza aria, ma in realtà questo sarebbe per lei impossibile. Così le
categorie, senza dati sensibili, sono del tutto inutili e inservibili. Queste discipline vengono
chiamate razionali per il loro legame con la ragione (da intendersi in senso
stretto), facoltà umana fallace, perché pensa all'incondizionato, la totalità,
al noumeno. Psicologia razionaleA riguardo dell'anima, Platone parlava di parti, Aristotele di funzioni, il che è più
sottile. Per Kant pensare l'anima come totalità è dovuto ad un parallogisma:
l'anima è usata come io penso, come atto, ma in realtà non so nulla su chi lo
fa, invece spesso (come accade per Cartesio che fa fare un
salto dall'atto alla res extensa) l'anima diventa un essere, una sostanza.
Dunque questi discorsi non sono costitutivi.
Cos'altro so di me? Tutto quello che posso sapere trattandomi come un qualunque
altro fenomeno, applicando categorie.
Cosmologia razionaleI fenomeni fisici li conosco in quanto fenomeni elaborati con le categorie.
Ma la mia tendenza naturale mi porta a pensare il cosmo come unitario (physis o
natura). La cosmologia razionale nei secoli ha stabilito delle antinomie (letteralmente
leggi
opposte): ovvero affermazioni tra cui non si conosce quella corretta, e una esclude l'altra.
- Il mondo è eterno? Ha un limite spaziale?
- Il mondo è semplice o composto?
- Ci sono causalità libere? Ovvero, c'è una libertà etica?
- C'è un ente necessario che non potrebbe essere altrimenti (Dio)?
Oppure è tutto contingente?
Kant non accetta queste domande perché pretendono di parlare del tutto. I
problemi non possono sussistere, li scioglie, sono indecidibili.
Teologia razionaleLa metafisica ha sempre tentato di parlare di
Dio come ente necessario. Kant contesta le tre maggiori prove:
- la prova ontologica di S. Anselmo;
- la prova cosmologica tomistica;
- la prova fisico-finalistica;
Come è possibile la metafisica come disposizione mentale?
La metafisica (applicazione dell'intelletto fuori dal suo campo, quindi non
più intelletto ma ragione) è una tendenza naturale dell'uomo. Non ha però valore
costitutivo perché va oltre il fenomenico. Con questo Kant non vuole però
rifiutarla: serve per porre i limiti, ha funzione regolativa (non
conoscitiva).
Regolativo significa anche che regola il nostro agire, verrà quindi recuperata
nella Critica della ragion pratica (pratica nel senso aristotelico di
prassi).
Nella critica della ragion pura Kant introduce tre livelli di facoltà della mente
di conoscere:
- sensibilità, livello ricettivo ai dati esterni (grazie a spazio e tempo),
immediato e passivo;
- intelletto, spontanea facoltà di categorizzare, mediato, fornisce
concetti attraverso categorie, spazio e tempo;
- ragione, pensiero degli incondizionati (idee), intelletto usato
oltre, valore solamente regolativo;
Nella critica del giudizio introdurrà (escludendo il primo livello) il
sentimento, sensibilità non scientifica, aprendo così le porte al Romanticismo.
Il
sentimento sarà facoltà con valenza conoscitiva anche se non scientifica.
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