LA NATURA IN SCHELLING
Friedrich Schelling (1775-1854) fu filosofo tedesco il cui pensiero
si sviluppa partendo da alcune riflessioni di Fichte. Schelling ritiene, da
buon romantico, che Fichte trascuri troppo la natura, relegandola
allo stato di non-io, semplice fattore che mi permette di prendere
coscienza di me stesso. La libertà per Schelling è autoposizione dei propri
limiti e consapevolezza che i limiti, poiché li pongo io stesso, possono
essere sorpassati. Dunque il non-io per Fichte è limite da superare, mentre
per Schelling è natura e non è per questo giusto definirla in maniera
privativa, ciò significa svalutarla.
Schelling stende dunque una sua filosofia dell'identità in cui il principio
primo è l'Assoluto. Cerca di fondare il doppio movimento: quello
dello spirito alla natura e viceversa. La natura è spirito inconscio,
non sa di essere tale ma diventa consapevole man mano. Essa è dotata di
vita, unità, spiritualità, anche se non del tutto consapevole.
La natura con Schelling torna a essere pre-galileiana: ci si distacca dalla
sua visione prettamente scientifica in cui era vista come una macchina priva
di consapevolezza (visione meccanicistica), composta da semplici
parti in movimento, indipendenti dal soggetto ma che il soggetto può
studiare. Alla base di Galileo vi erano precise scelte filosofiche, ad
esempio quella di studiare il come e non il perché.
Prima di Galileo vi era invece una corrente vitalistica, che a sua
volta riprendeva la visione platonica dell'anima del mondo: un tutto
animato. Nel Cinquecento filosofi della natura come Giordano Bruno,
concepivano la natura come tutta viva, ma ciò accadeva anche nella magia: il
mago era colui che riusciva per sintonia universale, modificando sé, a
suscitare forze naturali. La magia presuppone dunque la possibilità di una
simpatia universale che permetta una sorta di effetto diapason:
creando particolari condizioni in me posso estenderle alla natura che mi
circonda.
La natura è dunque vita sempre senziente ma spesso dormiente,
inconscia, vita che però corrisponde all'intelligenza umana. Per Schelling
vi è una relazione forte tra il sentimento umano e la natura, perché in
realtà sono due facce della stessa vita, la vita dell'Assoluto.
L'ARTE
Anche la dottrina dell'arte si fonda sull'identità di natura e
spirito; Schelling parla di poesia dell'arte: l'arte è
composta da tecnica, parte consapevole e che si può apprendere, e
ispirazione o poesia (poein) dell'arte. Senza quest'ultima
non vi è arte. L'ispirazione inconscia, si esprime attraverso la
tecnica.
Attraverso l'arte si può cogliere per analogia l'Assoluto, come
esso infatti l'arte è al contempo finita e infinita, ha infinite
interpretazioni ed è frutto di un'operazione indefinita, in particolare
la musica; l'Assoluto è certamente infinito ma anche finito in quanto si
manifesta per scalini.
L'arte diventa dunque strumento dell'Assoluto di esprimersi, e quindi
forma di conoscenza, verità. Per rivelare che l'arte è verità ci
vuole la filosofia dell'arte, l'estetica; tuttavia l'estetica si
serve di tappe, passaggi, mentre l'opera d'arte riesce a cogliere
l'Assoluto in un sol colpo: da qui la sua superiorità.