- Jean-Paul Sartre -
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SCHEDA FILOSOFO | ||
Uno dei massimi esponenti della cultura francese e mondiale del nostro secolo... | ||
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Egli "detestava le routines e le gerarchie, le carriere, i focolari, i diritti e i doveri, tutto il serio della vita. Non si adattava all'idea di fare un mestiere, di avere dei colleghi, dei superiori, delle regole da osservare e da imporre; non sarebbe mai divenuto un padre di famiglia, e nemmeno un uomo sposato... non avrebbe mai messo radici in nessun posto, non si sarebbe mai gravato di nessun possesso... per poter sperimentare tutto" – scrisse di lui Simone de Beauvoir, la compagna della sua vita. NAUSEA, ANGOSCIA E VERGOGNA Tre sono le categorie esistenziali ed antropologiche fondamentali del 'primo Sartre', quello che ha legato la sua fama all'esistenzialismo: NAUSEA, ANGOSCIA E VERGOGNA. Tre sentimenti che rivelano l'esistenza autentica, deprivata di finzioni e malafede, sincera con sé stessa. Vediamo di capire. Come Heidegger egli rifiuta ogni forma di idealismo e solipsismo: "un tavolo non è nella coscienza... un tavolo è nello spazio, vicino alla finestra etc.". "L'io non è nella coscienza ma è fuori, nel mondo: è un ente del mondo". Il soggetto umano, la coscienza ( se così si vuol chiamarlo) è nel mondo, o meglio IN RAPPORTO con il mondo. Ma cos'è il mondo? La NAUSEA insegna che il mondo è un insieme di fatti assurdi e contingenti e del tutto arbitrari, privi di alcun senso a priori (sommo, metafisico etc.). Sartre è 'tragicamente' chiaro in LA NAUSEA, in cui il protagonista ANTOINE ROQUENTIN, un professore di storia (guarda caso!), viene colto dall'esperienza rivelatrice della nausea, riflettendo sulle ragioni del mondo: "Dunque, poco fa ero al giardino pubblico. La radice del castagno s'affondava nella terra, proprio sotto la mia panchina. Non mi ricordavo più che era una radice. Le parole erano scomparse, e con esse il significato delle cose...; la radice, le cancellate del giardino, la panchina, la rada erbetta del prato, tutto era scomparso... Eravamo un mucchio di esistenti impacciati, imbarazzati di noi stessi, non avevamo la minima ragione di essere lì... CIASCUNO ESISTENTE, CONFUSO, INQUIETO, SI SENTIVA DI TROPPO RISPETTO AGLI ALTRI... DI TROPPO: era il solo rapporto che io potessi stabilire tra quegli alberi, quelle cancellate, quei ciottoli". Cosa scopre Roquentin? La contingenza, l'insignificanza, l'assurdità del reale, la mancanza di ogni e qualsivoglia ratio essendi dell'essere. La percezione della mancanza di un qualche Essere necessario che possa spiegare l'essere del mondo e i suoi drammi. "Tutto è gratuito, questo giardino, questa città, io stesso. E quando vi capita di rendervene conto, vi viene il voltastomaco e tutto si mette a fluttuare... ecco la Nausea". Nel linguaggio più tecnico dell'opera l'ESSERE E IL NULLA, Sartre chiama il mondo con l'espressione IN SE'. Il mondo è l'in-sé in quanto un insieme di fatti bruti, 'opachi', insignificanti, contingenti e gratuiti, di fronte al quale sta, nettamente distinta, la coscienza, che Sartre Chiama il PER SE'. La coscienza è immersa nel mondo, ma è radicalmente diversa dal mondo, non è legata ad esso, non è determinata da esso. La coscienza è, proprio per questo, assoluta libertà. Il per-sé è la sfera della libertà indeterminata. In parole più semplici tutto questo significa che:
Eccoci all'esperienza dell'ANGOSCIA. Come la nausea rivela l'assurdità del mondo, così l'angoscia rivela la nullità dell'uomo, la totale assurdità e mancanza di senso dei progetti umani dinanzi al nulla che ci attende con la morte. Il per-sé (la coscienza) è un NULLA NULLIFICANTE. E' un nulla di senso e valore, che tuttavia tenta di inserire l'in-sé (il mondo) nel suoi insignificanti progetti, nei suoi quadri concettuali per dargli un senso minimo. Ma con ciò, tentando di inserire il mondo nei suoi progetti, lo nega in quanto 'in-sé', trasformandolo in un aspetto del per-sé. In questo senso, Sartre afferma che la coscienza ha un potere nullificante. L'uomo "è quell'essere in virtù del quale il nulla viene al mondo""(in L'ESSERE E IL NULLA). La coscienza è dunque 'néantisation', nullificazione, ANNIHILATIO MUNDI, annientamento dell'in-sé in quanto riduzione al per-sé e ai suoi progetti. Ma (E QUESTO E' IL PUNTO!!!!!) i progetti del per-sé si rivelano privi di valore definitivo e finale. L'ANGOSCIA è la percezione emotiva della vuotezza e assurdità dei progetti dell'uomo. Per questo Sartre afferma che l'avventura umana è assurda: "tutte le attività umane sono equivalenti... e tutte sono votate per principio allo scacco. E' la stessa cosa, in fondo, ubriacarsi in solitudine o condurre popoli". E dunque "L'UOMO E' UNA PASSIONE INUTILE" (esattamente come queste pagine che sto scrivendo!) E veniamo alla VERGOGNA. La vergogna definisce emotivamente l'autentico rapporto con gli altri. Nel rapporto con gli altri io vengo ridotto a uno strumento per i loro progetti. Io vengo REIFICATO, ridotto a cosa. L'altro mi riduce a una cosa, a un in-sé per il suo progetto, per il suo per-sé. La vergogna è il sentirsi oggetto per un altro. E questo accade sempre, in ogni rapporto umano. Dunque, i rapporti umani non possono che essere rapporti conflittuali. "Il conflitto è il senso originale dell'essere-per-altri". Questo accade anche nel rapporto d'amore. Gli uomini tendono ad asservire per non essere asserviti. "Amare... è un cercare di fare prigioniera la volontà altrui che tenta di paralizzarci... L'amore è un progetto carico di egoismo e diretto a negare la libertà dell'altro". L'amore è "lo sguardo pietrificatore della Gorgone", cioè della Medusa mitologica. L'amore è anch'esso una forma di conflitto. Nessuna illusione! E così, in A PORTE CHIUSE, uno dei protagonisti arriva ad affermare che "L'INFERNO SONO GLI ALTRI". L'uomo è una passione inutile e "ciascuno di noi è un carnefice per gli altri". NAUSEA, ANGOSCIA, VERGOGNA: le parole d'ordine del primo Sartre. Certo, gli uomini in maggior parte tentano di fuggire queste esperienze così dolorose. In L'ESISTENZIALISMO E' UN UMANISMO si legge: "molti uomini non sono angosciati, ma noi affermiamo che essi celano a se stessi la propria angoscia, che la fuggono... E non si fugge a questo pensiero inquietante che con una specie di malafede". Costoro mentono a se stessi perché si trovano a disagio con la propria coscienza. Ma così diventano esseri INAUTENTICI. Essi sono di due tipi: i vili, quelli che accampano scuse di tipo deterministico: non poteva che andarmi così, visto l'ambiente in cui sono nato, la costituzione fisica etc.; gli 'sporcaccioni', quelli che si sforzano di dimostrare che la loro esistenza è necessaria, in quanto investiti di una missione (salvare la razza, il sistema capitalistico, la nazione, il prossimo, etc.). Alla nausea, che rivela l'assurdità del mondo, si può fuggire con la 'follia' della religione, che induce a credere in un dio che conferisce senso al tutto. Si può essere folli e vili, o folli e sporcaccioni e altro ancora: si sarà sempre esseri inautentici, che fuggono se stessi. La filosofia di Sartre venne accusata da cattolici e marxisti di essere pessimistica, nichilistica, disperatamente soggettivistica etc. etc., e Sartre, già con la risposta che diede alle accuse che gli piovevano addosso con lo scritto del 1946 (L'ESISTENZIALISMO E' UN UMANISMO), rivelò di star sviluppando un nuovo atteggiamento filosofico (quello che maturerà nel 'secondo Sartre'). Nello scritto del 1946 Sartre smorza il tono disperato della sua prima filosofia. L'esistenzialismo è umanismo nel senso che "noi ricordiamo all'uomo che non c'è altro legislatore che lui... egli deciderà di se stesso... bisogna che l'uomo ritrovi se stesso... La nostra responsabilità è molto più grande di quello che potremmo supporre, poiché essa coinvolge l'umanità intera... Così sono responsabile per me stesso e per tutti... In questo senso l'esistenzialismo è un ottimismo, e solo per malafede... i cristiani possono chiamarci 'disperati'". Dunque Sartre ha scoperto che la libertà di scelta implica la responsabilità nei confronti degli altri. La sua filosofia scopre l'importanza della dimensione sociale per la vita del singolo. Questa scoperta, che distanzia opere come LA NAUSEA e L'ESSERE E IL NULLA da quelle successive, è legata all'esperienza della partecipazione alla Resistenza antinazista in Francia. L'altro è in conflitto con il mio per-sé solo a causa di determinate condizioni storiche. Il conflitto non è più pensato come una struttura essenziale della condizione umana. In CRITICA DELLA RAGION DIALETTICA, l'opera più rilevante del 2° Sartre, egli cerca di conciliare esistenzialismo e marxismo attraverso il concetto di PENURIA. Solo perché viviamo in un mondo in cui i mezzi di sussistenza non bastano per tutti e sono distribuiti ingiustamente (a vantaggio dei capitalisti) ciascuno rappresenta una minaccia per l'altro. In un mondo dove sia stata eliminata la penuria (grazie alla tecnica usata a fini umani) e sia stata superata l'ingiusta ripartizione delle risorse vitali (attraverso la rivoluzione comunista), la conflittualità sparirà. Sartre dunque diventa marxista. Ma il suo pensiero tenta di correggere gli errori del marxismo attraverso il recupero di temi esistenzialisti. Il marxismo deve essere corretto in quanto, con il suo approccio deterministico (ad esempio le leggi ferree della storia e l'inevitabilità del trionfo del comunismo) non ha compreso il valore della libera e volontaria scelta individuale (tema esistenzialista), e sul piano politico questa erronea convinzione ha condotto agli orrori dello stalinismo e alla repressione delle libertà individuali. D'altro canto, l'esistenzialismo deve venire corretto dal marxismo per evitare di rimanere 'sospeso nel vuoto', e incapace di comprendere la reale natura della condizione umana e della sua storicità. Così esistenzialismo e marxismo, incontratisi in una sintesi superiore, attueranno la forma più completa di umanesimo. Fonti: Berti, Volpi; Perone, Ferretti, Ciancio; Reale, Antiseri. |
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