- Michel de Montaigne -
 
SCHEDA FILOSOFO
Montaigne, il dipingersi, il dialogo con i classici, l'amicizia e la politica.


Immagine filosofo
 


IL PENSIERO


Montaigne (1533-1592) negli Essay, fornisce un nuovo modello di intellettuale: borghese (egli apparteneva alla piccola nobiltà, era al servizio della corte, vicino a  Bordeaux), laico (non è un orator) ma colto. Egli era un filologo, cerca e ama libri antichi, in primis, da buon umanista, testi classici. Conosce i pensatori greci e latini, come dimostra nei suoi scritti con abbondanza di citazioni verso di essi nella loro lingua originale.
I Saggi si presentano come un continuo colloquio; le citazioni non sono un'esaltazione del sapere dell'autore, ma testimonianza del dialogo coi classici, con Seneca, con Cicerone, con gli ellenisti, con gli stoici, con gli epicurei e con gli scettici.
Riguardo a quest'ultima scuola di pensiero Montaigne era al contempo vicino e distaccato; vicino perché al contrario delle altre due filosofie ellenistiche non da regole per ottenere la felicità, ma afferma che non si può sapere, in contrasto invece perché rifiuta l'afasia (sospensione del giudizio, limitazione a constatazioni di fenomeni assolutamente episodici) ritenendola una logica distruttiva.
È interessato a tutto ciò che ha a che fare con l'esperienza umana, sente la necessità di dialogare con chi nel passato ha riflettuto sugli argomenti su cui anche egli riflette. Con questo dialogo Montaigne ci consegna una visione tutt'altro che statica, guarda l'uomo nei suoi passaggi, a volte molto violenti: afferma proprio che la nostra esperienza di vita è in continuo fluire (in fieri, in divenire), e noi dobbiamo capirla, non gettare la spugna di fronte agli eventi e per fare questo il pensiero di chi è venuto prima di noi può essere utile. Sostiene in sostanza che non bisogna mai rinunciare a riflettere davanti all'amicizia, di fronte alla morte, al crescere ma al contrario tutto ciò deve essere preso come spunto per una riflessione.
I Saggi sono un'autobiografia, si osserva vivere, pensa alle proprie esperienze, belle o brutte che siano; in sintonia con il pensiero umanistico, si pone al centro non per egoismo ma perchè ciò che più lo interessa è l'uomo.
Arold Bloom, critico letterario americano, confronta due personaggi del Cinquecento: Montaigne che si concentra sempre su stesso, intendendo "partire da sé per arrivare al senso generale", e Amleto (personaggio ovviamente fittizio). Essi sono entrambi emblemi del Rinascimento. Anche Amleto riflette su stesso, si vede crescere, non è un uomo costituito, non è definito fin dall'inizio della tragedia, e ancor più importante egli presta attenzione ai suoi cambiamenti; Bloom dice che Amleto si auto-conosce per potersi auto-costruire: non rinuncia mai alla propria lucidità.

GLI ESSAY

Nell'introduzione agli Essay, Montaigne, dipinge se stesso; dipingendo mi creo e mi vedo vivere; si guarda vivere sotto forma di essay, parole che significa anche prove, tentativi: provo a vivere meglio che posso, pennellata dopo pennellata provo a dare un senso. Nella vita non sono state date direttive, le devo trovare io con prove e tentativi.
Si dipinge nudo, ha l'impudicizia di parlare di sé con altri che a loro volta l'hanno avuta (i classici); è più facile mostrarsi esteriormente che non interiormente, per via della nostra limitatezza.
L'oggetto del libro è dunque l'autore stesso; ironicamente nell'introduzione avvisa il lettore che non vi è alcuna ragione per cui leggere gli Essay poiché parla di cose che non lo riguardano. L'obiettivo che si pone è quello di ricercare la saggezza, e per fare questo si confronta continuamente con gli antichi.
Non è un diario, è il diario di una coscienza, parla per argomenti delle sue esperienze, man mano che gli si presentano; viene così chiarita la vera utilità degli Essay: aiutare a riflettere su se stessi.
Forse sarebbe più comodo essere stabili e immutevoli, ma non e così, siamo in realtà impermanenti. L'uomo si costruisce da sé, nel bene e nel male (proprio per questo dipingersi è bello ma faticoso), è dunque molto importante essere presenti a se stesso: questo è il concetto espresso negli Essay.
In un saggio, dice che gli altri scrittori vogliono istruire, vogliono costruire uno stereotipo a cui ispirarsi nella vita quotidiana, e quel che è male è che sono così per principio, per dictat, per tradizione. Montaigne afferma invece che bisogna vivere al minuto e anche se così facendo, come è invitabile, ci si contraddice, non è un problema, l'importante è non perdere se stessi.
Da questo punto di vista l'autore umanista è molto positivo, non bisogna perdere la speranza in quanto posso cambiare, posso evolvermi. Montaigne non si mostra al pubblico come giurista o poeta, ma come Montaigne, e se qualcuno dovesse lamentarsi che egli parla troppo di sé, risponderebbe che converrebbe a tutti farlo e che spesso non lo si fa per nulla.
Gli Essay sono scritti durante tutta la sua vita e tanto più invecchia, tanto meno troviamo ornamenti nei suoi scritti e tanto meno ha ritegno nel parlare di se.
Nei primi saggi, scritti da giovane, la coloritura è più stoica, sosteneva la necessità di adattarsi all'ordine del mondo per essere felici, il non avere paura, il saper affrontare, la morte come giudice della vita, e la ricerca dell'equilibrio; poi maturando prevale lo scetticismo o socratismo, il "sapere di non sapere". Affermerà inoltre che il nemico più grande dell'uomo è la presunzione: l'orgoglio ci porta a ritenere noi stessi superiori, la ragione è più effetto della nostra presunzione che della ragione stessa.
In questo periodo della sua vita contesta la superiorità dell'uomo rispetto a ciò che viene ritenuta la feccia di questo mondo. Chiamiamo barbaro ciò che non è proprio dei nostri costumi, affermava in particolare riferimento ai selvaggi del Nuovo Mondo: chi siamo noi per ritenere incivili gli indigeni delle americhe perché mangiano per un rito religioso i corpi dei loro defunti, quando noi bruciamo sul rogo a poco a poco persone ancora vive? Il riferimento è naturalmente alle torture messe in atto dal Tribunale della Santa Inquisizione. Arriva a dire che la ragione non è solo una prerogativa umana.
L'accettarsi non fa di montaigne un medioevale, come potrebbe si potrebbe immaginare data la scarsa reputazione che ha del mondo, ma al contrario, pur facendo riferimento ai classici e alla religione, non rifiuta le relazioni tra uomini come la politica, pur ricordando che tutto può essere criticato, rifiuta infatti radicalismi ed estremismi di ogni sorta.

L'AMICIZIA

Montaigne riprende i temi classici dell'amicizia di Aristotele e della scuola epicurea: sempre all'interno della metafora del dipingersi, l'autore dice che per rifinirsi prende in prestito il quadro di un altro poiché non riesce più ad andare avanti da solo:  si riferisce all'amico Etienne de la Boetie, prima conosciuto attraverso i suoi scritti, e in seguito di persona. Non ebbero però molto tempo per conoscersi poiché Etienne morì dopo poco averlo conosciuto.
Erano amici perchè si amavano, perchè ero io e perchè era lui, direbbe l'autore: per Montaigne era come se si fossero conosciuti ancor prima di essersi visti. Non si tratta di un'amicizia per interesse, e sebbene si incontrassero in pubblico il rapporto era molto privato. L'amicizia per quanto di breve durata è come se avesse confuso le loro anime in una sola.
Sebbene la morte abbia portato a termine l'amicizia tra i due, il ricordo continuerà ad arricchire chi è rimasto.

POLITICA

Parlando della sua esperienza politica sostiene che sia necessario un luogo di incontro dove dichiarare cosa si è in grado di fare o di cosa si ha bisogno: un luogo dove si possano incontrare persone in cerca di lavoro e persone che lo offrono. Certamente non è un'idea straordinaria come potrebbe essere la repubblica di Platone, ma è comunque un'idea grande nel Cinquecento. Il suo obiettivo non è quello di una società perfetta, ma di un migliore, e per migliorarla vuole partire dalla limitazione umana.
Un'altro aspetto interessante del suo pensiero è l'accentazione del rischio in un'ottica vitalista e quindi vicina all'epicureismo: Montaigne afferma di non aver mai protetto la sua abitazione nonostante l'elevato numero di saccheggi che avvenivano al suo tempo. Ritiene infatti che ci si debba affidare alla fortuna (da intendersi come vox media), e dunque accettare il rischio per non vivere nel terrore.

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