L'ITINERARIO INTELLETTUALE
Agostino di Ippona (354-430 d.C.) nasce da una famiglia di piccoli
proprietari terrieri a Tagaste (odierna Souk Ahras in Algeria) dove compie i
primi studi, trasferendosi poi a Madaura e infine a Cartagine per
seguire gli studi superiori di retorica: quella di Agostino era, secondo
Irenée Marrou, una formazione "essenzialmente letteraria, fondata sulla
grammatica e sulla retorica, e tendente a realizzare il tipo ideale
dell'oratore". Studia Virgilio, Seneca, Apuleio, Terenzio, Sallustio e altri
autori classici, soprattutto di tradizione latina, ma in primo luogo fu per
lui molto formativo l'incontro con gli scritti di Cicerone, in
particolare l'Hortensius (dialogo filosofico perduto che sosteneva
che l'unica fonte della felicità fosse la sapientia) che lo porterà a
vedere la filosofia come ricerca della verità.
La seconda tappa dell'itinerario intellettuale di Agostino è quella del
manicheismo, teoria religiosa e filosofica che si proponeva come vera
interpretazione del cristianesimo, e che si concentrava principalmente sul
problema del bene e del male: i manichei sostenevano che vi fosse una
scissione forte tra bene e male, principi coesistenti e opposti in continua
lotta fra loro.
La terza fase è di adesione allo scetticismo, Agostino si pone
infatti in un atteggiamento di sospensione del giudizio, ma il porre come
principio teorico fondamentale l'inconoscibilità del vero si rivela in forte
contraddizione con la sete di conoscenza agostiniana.
Ultima svolta in questo percorso è segnato dall'incontro con S. Ambrogio
(vescovo milanese) e il neoplatonismo. Grazie al primo Agostino riesce a
fare chiarezza nelle Scritture, attraverso l'interpretazione allegorica,
che supera l'antropomorfismo ingenuo arrivando ad un significato più
profondo; l'esperienza milanese con Ambrogio è inoltre importante per quanto
riguarda il superamento della concezione materialista della realtà.
Come detto Agostino Hipponensis (o Agostino di Ippona) ha risentito anche
delle influenze di Plotino (quindi neoplatoniche) in particolare per
i seguenti aspetti: l'antimaterialismo, la concezione dell'Uno
trascendente, la visione gerarchica del mondo, il tema della
conversione e il ritorno all'Uno dell'anima. Tutta l'esperienza
milanese portò nel 386 ad una fulminea conversione al cristianesimo, ad
abbandonare l'idea di matrimonio e a dedicarsi ad una vita di riflessione ed
ascetica.
OPERE PRINCIPALI
La sua attività pastorale si prolungò per 39 anni, con circa 8'000 prediche.
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386 - Contra academicos
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386 - Soliloquia
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386 - De beata vita
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386 - De ordine
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387/388 - De quantitate animae
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387/388 - De libero arbitrio
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389 - De vera religione
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389 - De utilitate credendi
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389 - De genesi ad litteram
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389 - Enarrationes in psalmos
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389 - De doctrina cristiana
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389 - De catechizandis rudibus
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400 - Confessioni o Confessiones
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399-419 - De trinitate
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412-426 - De civitate dei
LA CONOSCENZA
S. Agostino nella sua speculazione filosofica sosteneva che era interessato
a conoscere esclusivamente due cose: Dio e l'anima umana.
Secondo l'autore, l'anima è il punto di incontro con Dio, e per questo la
verità non va cercata all'esterno, ma bisogna partire dall'interiorità,
e se anche l'interiorità risulta troppo mutevole, bisogna trascendere
persino la facoltà razionale. Il mondo esterno, per Agostino, può essere
tappa della conoscenza ma non ha di per sé una grande rilevanza.
La conoscenza, e quindi la filosofia, ha come obiettivo la felicità,
che però può essere raggiunta solo se l'oggetto della ricerca è un bene
vero, Dio. Il processo conoscitivo è strettamente correlato con la
volontà, in quanto per conoscere qualcosa bisogna prima di tutto
volerlo, e si vuole ciò che si ama, dunque l'amore deve essere il
motore fondamentale della conoscenza, il cerchio si chiude affermando che
solo se si ama buonamente (ovvero ciò che è buono) si può raggiungere la
felicità.
Dunque la felicità dipende dalla conoscenza della verità, fatto che porta a
contestare con forza la scepsi, poiché sostenere l'inconoscibilità
del vero significherebbe negare la felicità. Vengono però portate anche
argomentazioni dimostrative contro la filosofia scettica, come la presenza
di verità certe come quelle matematiche e dalla geometria, oppure
sostenendo che è necessario ammettere proposizioni disgiuntive (del
tipo aut... aut..., o l'uno o l'altro), o infine con un argomento
tipicamente platonico, ovvero che i sensi non ci danno una visione
della realtà falsa ma vera nell'ambito dell'apparenza, l'errore sta
quando si tenta di estendere questa verità al campo delle verità
intelligibili.
Ma il tema più forte è quello che anticipa il cogito ergo sum di
Cartesio, ovvero se penso o anche mi inganno, sono, esisto. Il processo
conoscitivo agostiniano si sviluppa così da tre concetti basici derivanti
dal fatto che l'uomo conosce di esistere e di essere in vita, dunque
l'uomo è, vive e conosce. L'essere è proprio di tutte
le cose, il vivere di tutti gli essere viventi mentre il conoscere è una
caratteristica propria solamente all'uomo. Dunque nella conoscenza si
manifesta la superiorità e specificità della creatura umana.
La sensazione, primo livello di conoscenza, è l'esperienza dell'anima
fatta attraverso il corpo, in un secondo stadio l'anima pone la sua
attenzione (intentio) a questa sensazione creandosene una
rappresentazione. Esistono però verità superiori a quelle che
possiamo cogliere con i sensi: esse non si trovano fuori di noi ma non sono
state neppure create noi, sono indipendenti dalla nostra mutevolezza,
sono le verità intelligibili o universali: esse, universali e
intersoggettive, rendono possibile la comunicazione tra individui e si
riferiscono all'Uno, ad un principio di unificazione. Questo
principio di unificazione è Dio, colui che rende possibili tutte le
verità.
È evidente il recupero di Platone per quanto riguarda il paragone tra il
sole e il bene che illumina tutto: infatti è Dio, nostra luce
interiore, che permette di raggiungere la verità (anche quelle scientifiche)
illuminandole. In questo Agostino si discosta da Plotino, fornendo
un'interpretazione dell'uomo basata sulla Bibbia: Dio crea l'uomo ex nihilo,
non lo genera, ma lo crea a sua somiglianza, mentre invece per
Plotino l'anima aveva una natura divina e quindi era autosufficiente
nello scoprire la verità. La visione agostiniana porta dunque a vedere la
conoscenza come dono salvifico di Dio e a far coincidere la vera
filosofia con la vera religione.
RAGIONE E FEDE
Agostino ritiene che nel percorso che porta alla verità siano necessarie sia
ragione che fede, infatti spesso nei suoi scritti troviamo
espressioni che esortano a farsi sostenere dalla fede per arrivare alla
verità, in particolare in un dialogo intitolato Il libero arbitrio
Agostino dice "Dio ci aiuterà e ci farà conseguire con l'intelletto quanto
abbiamo accettato per fede". Per il vescovo d'Ippona si viene a stabilire
una sorta di circolarità tra credere e sapere: credi per comprendere,
comprendi per credere. Il crede ut intelligas è condizione per
comprendere mentre l'intellige ut credas è un metodo per rafforzare
la propria fede.
Il rapporto tra ragione e fede è anche strettamente collegato con il
libero arbitrio, che è da distinguersi da quella libertà astratta e
inefficace predicata da Pelagio: il libero arbitrio è frutto di
una scelta motivata dalla volontà, che è amore. Dopo il peccato originale,
però, l'uomo è divenuto incline al male e solamente attraverso la
grazia riesce a scegliere il bene; da ciò consegue che la grazia è
condizione di una libertà vera (che consiste nello scegliere il giusto).
Questa grazia, ammette Agostino, è frutto dell'insondabile e misterioso
volere di Dio, tema ripreso con forza durante la Riforma protestante
da Martin Lutero.
Altro snodo fondamentale nella teologia agostiniana è il problema della
trinità che viene trattato con ampiezza e profondità nel De Trinitate,
opera in cui si serve anche delle categorie aristoteliche per fini teologici
come già tentarono i Padri cappadoci; Agostino sostiene fermamente che
Padre, Figlio e Spirito Santo siano la stessa sostanza (non vi può
infatti essere accidente in Dio) e l'uguaglianza delle tre persone, se non
per una distinzione di tipo relazionale, ovvero: "Il Padre è in
relazione al Figlio, e il Figlio al Padre [...]. Né il Padre né il Figlio si
riferiscono a sé stessi, ma l'uno si riferisce all'altro: queste
denominazioni riguardano perciò la relazione e non sono in ordine
accidentale, perché ciò che si chiama Padre e ciò che si chiama Dio è
immutabile" (De Trinitate, V, 5).
Sempre nel De Trinitate, Agostino, spiega anche quali sono i mezzi
attraverso i quali possiamo conoscere Dio: in primo luogo vi è la sua
auto-rivelazione (da cui il teologo di Ippona trae l'importanza
dell'interpretazione delle scritture) e in secondo luogo il creato,
gerarchicamente ordinato dalla natura, all'uomo, alla sua
interiorità, l'anima.
IL MALE
Secondo Agostino di Ippona, il male non esiste, o meglio appartiene
alla categoria del non essere, non è sostanza in quanto tutto ciò
che è creato da Dio è buono, e deve quindi essere visto come mancanza
di bene. Ad esempio la cecità non esiste se non come mancanza della
vista. Si noti qui la critica al pensiero manicheo che tendeva a
mettere sullo stesso livello due principi: quello del bene, Dio, e quello
del male, Satana; in questa visione l'uomo svolge solo la funzione di teatro
prima dell'uno e poi dell'altro, privandolo così di ogni possibilità di
scelta.
Il male assoluto non esiste in quanto sarebbe totale non essere, il che
significa anche in ogni cosa deve esserci un principio positivo,
anche il peggiore degli oggetti o delle azioni nasconde in sé qualcosa di
buono. Anche per Plotino il male era privazione, ma a differenza di Agostino
egli riteneva che tutta la materia fosse ontologicamente (a livello
dell'essere, quindi in maniera assoluta e inevitabile) negativa, cosa che
nel filosofo cristiano non poteva assolutamente essere in quanto anche gli
oggetti sensibili fanno parte della creazione divina.
Come i platonici e gli stoici S. Agostino ritiene l'ordine del mondo sia lo
svolgere del proprio compito da parte di ogni cosa; da questo consegue che
l'azione malvagia è una scelta volontaria di un
bene minore al posto che uno maggiore (nessun oggetto può essere
definito malvagio), si tratta quindi di una perversione dell'ordine
naturale delle cose, scaturita da un amor inordinatus, ovvero che
non pone nel giusto ordine le cose, che ama il soggetto stesso oppure il
piacere o la felicità fine a sé stesso.
Ma se il male viene dall'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, non è
allora forse Dio colpevole? Agostino risponde negativamente, perché l'uomo
ha di fronte a sé due scelte, il bene maggiore contro uno minore, si
tratta in entrambi i casi di passioni ma il nostro libero arbitrio ci
indica quale scegliere: la responsabilità del male è così totalmente
a carico dell'uomo.
Il tema del peccato viene approfondito da Agostino combattendo Pelagio e il
pelagianesimo in generale; l'uomo originale (Adamo) poteva scegliere
autonomamente il bene o il male, ma avendo scelto il secondo la natura
dell'uomo è degradata, e ora solo la grazia, dono gratuito di Dio, può
risollevare l'uomo dalla sua condizione di peccatore. Dunque le opere buone
sono prodotte dalla grazia, per i meriti di Cristo. Agostino non
vuole negare la libertà di scelta, ma essendo essa divenuta incline al
peccato, solamente attraverso la grazia di Dio l'uomo può essere
riportato a scegliere il bene. La grazia divina ci è data da Dio
gratuitamente e secondo criteri misteriosi e insondabili.
STORIA E POLITICA
Agostino nel De Civitate Dei descrive due città immaginarie: quella
di Dio e quella terrena; la prima è formata da gente che ama e
segue l'ordine del mondo mentre i secondi amano sé stessi e seguono
la loro cupiditas, anche questi sono guidati da un amore ma
esso è inordinatus. Queste due città non sono da identificarsi con
alcuna struttura sociale storica o reale come potrebbero essere la Chiesa o
lo Stato, ma sono città composite, che verranno divise il giorno del
giudizio universale.
Agostino vede la storia come un'attuarsi del disegno divino, in cui
la città di Dio si costruisce, fino a trovare compimento nei cieli; così la
caduta dell'impero (evento coevo al filosofo) viene interpretata come
la fine di una struttura che avendo diffuso in tutto il mondo la parola di
Cristo hat terminato il suo compito.
Agostino deduce dalle Sacre Scrittura una visione lineare e irreversibile
del tempo storico le cui tappe fondamentali sono: creazione,
peccato originale, incarnazione di Cristo e liberazione.
Questi eventi sono unici e irripetibili, e procedono in un solo senso.
Agostino non può accettare l'idea tipicamente greca dell'eterno ritorno in
quanto annullerebbe la speranza e la possibilità di una felicità totale,
eterna e stabile. Infatti le sofferenze dell'uomo sono colmate solo dalla
speranza di poter un giorno godere della salvezza eterna.
LIBERO ARBITRIO
Augustinus totus noster est, diceva Martin Lutero riferendosi
alla concezione della grazia totalmente gratuita alla quale lui
aderiva pienamente, e in contrapposizione alla visione che più sottolineava
il libero arbitrio, propria degli umanisti suoi contemporanei come
Erasmo da Rotterdam. Ma Agostino era veramente un protestante luterano
ante-litteram? Questa questione è risolta da Agostino stesso in una lettera
che scrive per chiarire la sua posizione al monaco Valentino e ai
suoi confratelli (intitolata La grazia e il libero arbitrio), che
avevano avuto una disputa in proposito.
Fin da subito Agostino afferma la sua posizione: non bisogna negare la
grazia divina in virtù del libero arbitrio né viceversa.
Comincia il suo discorso dimostrando l'esistenza del libero arbitrio: nella
Bibbia vi sono leggi che Dio ci ha dato, esse non gioverebbero in
alcun maniera se non possedessimo la libertà di decisione; inoltre Cristo
stesso affermò che non esisterebbe alcun peccatore se lui non fosse venuto
ma ora non ci sono più giustificazioni, infatti con la Nuova Alleanza l'uomo
non può più dire se avessi saputo, avrei fatto così. Lo stesso
apostolo Giacomo ci dice di non incolpare Dio se cadiamo nel peccato poiché
è la nostra concupiscenza che ci spinge a commetterlo e non Dio.
Nella sua dimostrazione Agostino riporta un'infinità di citazioni dal Nuovo
Testamento in cui viene nominata la volontà, a sottintendere una
libertà di scelta.
Il tema del libero arbitrio è strettamente legato a quello del peccato,
infatti Agostino sottolinea come sia più grave peccare volontariamente
pur conoscendo la legge che peccare involontariamente a causa della
propria ignoranza (il che è comunque cosa che sarà punita, in particolare se
causata da un rifiuto, anche qui, volontario).
Ad un certo punto della lettera il santo ritiene di aver dimostrato
sufficientemente l'esistenza del libero arbitrio e comincia a parlare del
ruolo della grazia divina nella vita del cristiano, sempre in
relazione alla libertà di cui l'uomo è dotato: Agostino dice che non ci si
deve allontanare dal Signore, gloriandosi di se stessi, in quanto la nostra
natura è debole e fare ciò significherebbe peccare pienamente in superbia.
Agostino ci dice che questa ideologia corrisponde perfettamente a quella
pelagiana. L'uomo riceve l'aiuto dalla grazia perché non sia inutile
dare ordini alla propria volontà; Cristo dice di vegliare per non cadere in
tentazione e di pregare, Agostino sottolinea che il pregate!
indica che il nostro arbitrio (sebbene indispensabile) non esclude il
pregare, ovvero il chiedere la grazia.
In un altro passo importante della Bibbia si dice: rivolgetevi verso di
me e io mi rivolgerò verso di voi, questo implica chiaramente una
volontà bilaterale. In sostanza la volontà umana ha un ruolo
fondamentale ma non bisogna neppure scordare che Cristo disse: nessuno
può venire a me se non gli è stato concesso dal Padre mio.
Contro quanto affermano i pelagiani S. Agostino cita il caso della
conversione di Paolo di Tarso (noto episodio narrato negli Atti degli
Apostoli): Paolo, ancora persecutore dei cristiani sulla via per Damasco
cade da cavallo improvvisamente accecato da una luce che solo lui riesce a
vedere ed ode una voce che gli domanda "Saulo, Saulo, perché mi
perseguiti?". Il Signore donò a Paolo la fede in maniera del tutto gratuita,
senza che lui avesse avuto alcun merito (anzi era un persecutore dei
cristiani), ma l'apostolo però accettò, compiendo un gesto volontario.
Agostino porta avanti il suo discorso evidenziando ancora il fatto che la
fede di Paolo proviene da Dio ed esorta nuovamente a non gloriarsi delle
proprie opere in quanto le opere buone vengono compiute per mezzo della fede
e non per le nostre sole forze. Con questo però non si vuole dire che sia
sufficiente avere fede in quanto non è bene credere e tremare, ovvero
non praticare, non compiere opere di carità.