LA CONCEZIONE LENINISTA DEL PARTITO
Dopo l'assalto al Palazzo di Inverno, si forma un nuovo governo chiamato Consiglio dei commissari del
popolo, guidato da Lenin. Il governo firma i decreti di novembre
che stabiliscono:
- l'attuazione immediata dell'armistizio con la Germania;
- la confisca dei latifondi dei "boiari", i cui terrini
vengono attribuite solo in uso ai contadini, kulaki inclusi;
- la nazionalizzazione delle banche, ma non delle fabbriche;
Le misure adottate non erano dunque ancora non del tutto comuniste, rimaneva
infatti la proprietà privata.
La Russia è in preda a fermenti di libertà civile, viene legalizzato
l'aborto, viene dato il diritto di voto alle donne, e viene riconosciuto il
divorzio. Molti intellettuali si schierano a favore della rivoluzione tra
cui
Majakovskij (futurista russo) e Eisenstein, uno dei maggiori registi di tutti i tempi (si
ricorda in particolare La corazzata Potëmkin). Ma sotto questi fermenti di libertà il governo bolscevico
stava diventando in realtà man mano sempre più repressivo. Oggi vi è chi
ritiene che Lenin non fosse una radice dello stalinismo, ma è innegabile che la
politica interna adottata era chiara testimonianza del carattere autoritario che il regime avrebbe imboccato.
Per
Lenin il partito doveva essere un partito di rivoluzionari di professione,
persone disciplinatissime, disposta anche all'uso della forza per spronare il
proletariato all'azione politica, poiché il mondo operaio senza la sferza del partito si sarebbe limitato ad avanzare
semplici richieste di tipo economico, come aumento dei salari e diminuzione
delle ore lavorative. Il proletariato ha una naturale
tendenza ad accontentarsi, per questo il partito doveva sentirsi libero di
utilizzare la forza anche verso esso e dunque
non c'è dubbio che Lenin per dittatura del proletariato (espressione di Marx),
intendesse in realtà la dittatura del partito comunista.
Gli storici si interrogano sul rapporto tra leninismo e stalinismo: ci si chiede
se gli orrori del secondo siano l'inevitabile conseguenza della concezione
autoritaria del partito di Lenin, o se invece lo stalinismo sia solamente una
deviazione aberrante e patologica da un tronco di sani ideali politici.
Sicuramente sotto la guida di Lenin almeno all'interno del partito comunista era
permessa la libera discussione, anche la critica verso le decisioni da prendere,
ovvero vi era collegialità: ciò non accadde affatto per quanto riguarda
il regime di Stalin; è anche però da evidenziare una serie di fatti che portano
a pensare che nelle azioni di Lenin fossero implicite tendenze violente ed
estremistiche.
Lenin alla nascita del partito fonda la CEKA, ovvero la polizia politica
segreta (che in seguito assumerà altri nomi come KGB, GPU, NKVD); nel gennaio del 1918 si
riunisce l'assemblea costituente eletta a suffragio universale, ma la
maggior parte dei voti risultarono essere per menscevichi e SR, così, il giorno stesso, l'assemblea viene sciolta con l'assassinio del presidente
da parte di un bolscevico;
nel 1921 a Kronstad sul Mar Nero, operai e marinai si ribellano al
Governo per via dei soprusi del partito, tra essi vi erano molti anarchici, altri
menscevichi; il governo manda l'Armata Rossa, muoiono almeno 5'000
proletari.
Nel 1922 Stalin diviene segretario del PCUS, Partito Comunista Unione
Sovietica, ma Lenin è ancora a capo del governo, dunque gli dà il suo consenso
sebbene nel
1924, prima di morire per ictus, lascia un testamento in cui avverte di diffidare di
Stalin che pare troppo rozzo e violento.
LA GUERRA CIVILE IN RUSSIA
Nel 1918 in Russia scoppia una terribile guerra civile con nove milioni di
morti (quasi come la Grande Guerra) per via della carestia e della guerra. Si scontra l'Armata
Rossa di Trozki con le Armate Bianche, truppe di generali fedeli allo
zar Nicola II (il quale sarà per questo eliminato con tutta la famiglia per distruggere
definitivamente le speranze della rinascita della potenza zarista), finanziate dall'Intesa.
L'Armata Rossa in questo caso non si limitò a combattere le Armate Bianche ma sterminò anche
SR e menscevichi.
IL COMUNISMO DI GUERRA
Fino al 1921 il governo attuò una politica economica detto comunismo di
guerra: un dirigismo economico integrale, in cui ogni cosa era
decisione di stampo economica era presa dal partito, cosa e quando produrre. Vengono confiscate le
derrate alimentari dei contadini in favore dell'Armata Rossa e vengono prese
delle drastiche decisioni come l'abolizione della proprietà privata di terre
e fabbriche, tutto viene nazionalizzato. Nel 1921 l'Armata Rossa ha
la meglio, ma la Russia è piombata in condizioni di vita medievali: la
produzione industriale e agricola si è dimezzata o addirittura quartificata, in
alcuni luoghi si arriva ad episodi di cannibalismo. Lenin decide di cambiare
rotta.
LA NEP
Lenin nel 1921 abbandona il comunismo di guerra e introduce la NEP,
la Nuova Politica Economica. Lenin capisce che bisogna dare ossigeno al
paese, che si deve favorire la ripresa economica e allora bisogna invitare i
kulaki ad arricchirsi pur di aumentare la produzione. La N. E.
P. Reintroduce alcuni elementi dell'economia capitalista: i contadini
potranno liberamente vendere il frutto del loro lavoro e fu reintrodotta
la possibilità di avere industrie private ma solo con meno di venti
dipendenti.
Così in pochi anni la Russia, che dal 1922 aveva assunto il nome di Unione
delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS), riesce a
risollevarsi.
Nel 1922, proclamata l'Unione Sovietica, viene anche emanata la costituzione:
tutto il potere (esecutivo, legislativo, ...) emana dai soviet, o meglio dal
Congresso dei Soviet dell'Unione. Ma di fatto tutte le decisioni di rilievo
furono prese dal Polit-Burò, l'Ufficio Politico del Partito Comunista,
il vertice. La figura più importante diventa così il segretario del Partito
Comunista.
Il risultato netto della rivoluzione bolscevica, nata per realizzare la
giustizia sociale, la fratellanza tra gli uomini, è la creazione di una nuova
classe sociale. Questa casta si chiama
Nomenklatura, ed era composta da burocrati del partito con vantaggi economici eccezionali,
come appartamenti privati, o villette in campagna.