<%
'ADV_ORGANIZER 1.0 | formato, categoria, base, altezza, unico, disposizione, voto, dove, numero,tipo,refresh,output
response.write(organize_adv(0,categoria,300,300,,,9,,1,0,1,))
%>
<%
'ADV_ORGANIZER 1.0 | formato, categoria, base, altezza, unico, disposizione, voto, dove, numero,tipo,refresh,output
response.write(organize_adv(0,categoria,300,300,,,8,,1,0,1,))
%>
|
Dopo tanti anni di carriera fatta di polemiche, insulti (dati - vedi
Gods of Metal 2001, ricevuti - vedi qualsiasi altro episodio che li
riguardi) e tanti dischi arriva il momento del primo live per i
vampirelli albionici. A dire il vero uno pseudo live c'era già,
Sodomizing The Virgin Vamp, ma non si trattava di una vera e propria
uscita ufficiale ed oltretutto la registrazione era quanto di più osceno
ci si possa aspettare da un disco dal vivo. Questo Live Bait For The
Dead giunge finalmente a completare il tassello mancante nella
discografia della band inglese e paradossalmente, per una band che è
sempre stata infamata per il suo atteggiamento da superdivi di plastica,
si presenta come uno dei live più genuini attualmente in circolazione. I
ritocchi in studio infatti sono piuttosto limitati e questo ci permette
di gustare lo show nella sua totalità, con le piccole pecche che di
tanto in tanto caratterizzano le esecuzioni dei brani, con quel sound un
po' sporco e le urla del pubblico a fare da contorno. Nonostante
l'esplosione commerciale avvenuta con Midian (quasi due milioni di copie
vendute, così si vocifera) questo concerto registrato a Nottingham ci fa
capire quanto in realtà la band sia ancora attaccata alle sue radici,
proponendo spesso e volentieri brani storici della propria discografia
oltre, ovviamente, alle nuove "hits", a mio parere i pezzi più ruffiani
e meno convincenti che Dani & soci abbiano mai tirato fuori. Ma
abbandoniamo qualsiasi pregiudizio di sorta nei confronti di una band
che nel bene o nel male ha fatto la storia del black, contaminandolo con
una moltitudine di elementi e stilemi gothic e un approccio quasi heavy
e osserviamo quello che ci propone questo doppio disco.
Nel primo cd troviamo il suddetto concerto, che ci mostra un gruppo in
perfetta forma e finalmente affiatato anche coi nuovi elementi (chi era
al Gods 2001 ricorderà le imbarazzanti prestazioni di Erlandsson e
Martin), capace, sul palco, di divertire e divertirsi allestendo uno
show di tutto rispetto. Certo è difficile riproporre un live dei Cradle
of Filth privandolo dell'aspetto forse più importante, quello visivo, ma
ascoltare con quanta energia i cinque musicisti vadano a suonare brani
ormai proposti da anni come Dusk And Her Embrace o Summer Dying Fast è
un vero piacere. Soprattutto un'ottima occasione per ascoltare questi
piccoli capolavori che hanno ormai fatto la storia, finalmente in
versione live; ritroviamo così ben tre brani dal primo album, oltre a
Summer Dying Fast ci sono The Forest Whispers My Name e la title track,
per la gioia dei fans di vecchia data. Immancabile anche Cruelty Brought
Thee Orchids, diventata un vero e proprio simbolo in pochissimo tempo e
la più smaliziata From The Cradle To Enslave, primo vero grande passo
verso il mainstream. Per fortuna a ricordarci le origini della band ci
pensa la conclusiva Queen of Winter, Throned, per chi scrive uno dei
pezzi più belli mai prodotti dal gruppo.
Il secondo disco è la classica chicca (o minestra riscaldata) per i fans:
una serie di remix, vecchi brani, soundcheck e cover che non aggiungono
né tolgono assolutamente nulla al disco (a parte qualche euro in più) e
che non faranno di certo da traino per chi si avvicina ai Cradle per la
prima volta ed è interessato ai vecchi lavori. Resta comunque un disco
fondamentale per i fans, due ore di materiale sono veramente tante e c'è
da scommetterci che non deluderanno.
|