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I Dark Tranquillity sono in giro ormai da più di 10 anni ("The Gallery"
risale al 1995), hanno dato alle stampe dischi pregevolissimi e senza
sbavature di sorta; le idee però (si sa) non possono essere infinite e
una svolta radicale, come quella che si ebbe con "Projector" (1998), non
è possibile e forse neanche giusto aspettarsela. Questo per dire subito
che la nuova fatica della band, "Character", si presenta immediatamente
come una specie di ricapitolazione in mancanza di meglio; il valore
della proposta rimane sempre su livelli alti, intendiamoci, ma la
maturità raggiunta da questi musicisti paga oggi un forte tributo in
termini di freschezza e innovazione (il che non necessariamente deve
essere un male). Se infatti l'apertura del disco è affidata ad una
prorompente "The New Build", un pezzo velocissimo e vicino allo stile
dei primi anni, le successive "Through Smudged Lenses" e "Out of Nothing"
si presentano come rivisitazioni più elaborate di cose già sentite nel
precedente "Damage Done"; la commistione di elementi gothic ed
elettronici con il tradizionale sound death della formazione è
interessante, la struttura dei pezzi, più complessi e studiati, appare
articolata e dinamica, eppure qualcosa non va... L'album scorre via
senza riuscire ad attirare davvero l'attenzione su di sé, le canzoni
sembrano ripercorrere troppo stilemi già visti; esempio ne siano la
scialba "Lost to Apathy", peraltro il singolo che ha preceduto l'uscita,
o l'inconsistente "Mind Matters", i cui pur interessanti inserti non
riescono ad evitare al sottoscritto qualche sbadiglio. Altrove il piglio
sembra più deciso, come nella melodica "One Thought", dal piacevole
break centrale, nella curiosa "Senses Tied", il cui intro tastieristico
riesce a catturare quanto basta, e nella conclusiva, affascinante "My
Negation", quest'ultima veramente azzeccata, con la ripresa del tema
dell'outro di "Through Smudged Lenses". Mettiamola così: fra questo
nuovo lavoro e molte altre precedenti uscite del gruppo passa, con le
dovute cautele, la stessa distanza che c'è fra un ottimo prodotto
artigianale e un'opera d'arte. Il disco è ben fatto, si sente che il
gruppo ci ha sudato sopra sette camicie e ha lavorato sodo per
realizzarlo, ma il risultato finale rimane poco più di un buon album,
ben fatto e ben suonato ma lungi dall'essere l'uscita che rivoluzionerà
la scena.
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