- Death Angel -
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Death Angel - The Art of Dying The Art of Dying

Gruppo: Death Angel
Genere: Thrash Death
Etichetta: Nuclear Blast
Distribuzione: Audioglobe
Durata: 55 minuti
Data d'uscita: 26/04/2004
Voto: 7.5

1. Intro - 2. Thrown To The Wolves - 3. 5 Steps of Freedom- 4. Thicker than Blood - 5. The Devil Incarnate - 6. Famine - 7. Prophecy - 8. No - 9. Spirit - 10. Land of Blood - 11. Never Me - 12. Word to the Wise
 
RECENSIONE



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Quando si parla di un gruppo come i Death Angel autori di dischi fondamentali quali Act III, The Ultra-Violence, mentre la maggior parte di noi erano ancora impegnata nella lotta contro l'acne adolescenziale, si vorrebbero stendere un elogio di complimenti in una distesa di lusinghe. Dopo undici anni di attesa il ritorno di questa band fondamentale è segnato dall'uscita di The Art of Dying. Un disco bello, anzi bellissimo considerando la media del genere. Ci sono però alcuni elementi che non lo rendono il capolavoro che molti si aspettavano. I primi quattro brani sono obbiettivamente molto belli, delle bordate thrash nella più classica tradizione del thrash metal mad in bay area. Dall'iniziale Throne to the Wolves che è la canzone thrash che ognuno di noi sogna di ascoltare, trascinante, con una melodia immediata e ricca di assoli. Le successiva 5 steps of Freedom e la velocissima Thincker than Blood sono altri due ottimi pezzi, il primo per gli arrangiamenti riuscitissimi, la seconda per l'immediatezza nonostante la solita sottile frenesia armonica e ritmica che pervade tutte le canzoni del gruppo.
Una direzione molto più cupa e tenebrosa è invece quella intrapresa da The Devil Incarnate, maligna e quasi surreale grazie all'apporto vocale di Mark Oseguada.
La prima parte del disco sembra dunque convincere appieno, belli gli arrangiamenti e le idee che seppur non trascendentali reggono e riescono a mantenere alta l'attenzione e il coinvolgimento dell'ascoltatore. Da Famine in poi però c'è una caduta incredibile. Tranne alcuni spunti sporadici il disco cade in una parabola discendente, che grazie al cielo non arriva a toccare baratri di inutilità ma si assesta su livelli di mediocrità considerata la fama e la capacità del gruppo in questione. Le canzoni: Spirit, Prophecy, land of Blood scorrono via senza lasciare traccia. Piacevoli e orecchiabili ma non lasciano nulla, manca quel guizzo di genialità che è (era?) caratteristica tipica dei Death Angel. Sono esclusè Nòè la sua anima rockeggiante e la conclusiva World to the Wise che è una ballad ben riuscita, grazie alla bella interpretazione vocale di Mark. I suoni sono perfetti, potenti ma con una patina retrò che ricorda i cari dischi degli anni che furono, ed ogni strumento ha il proprio spazio. In conclusione il nuovo disco dei Death Angel non è il capolavoro assoluto che tutti avrebbero voluto sentire ma si attesta come un'uscita comunque sopra la media del genere e che merita tutto il nostro rispetto.
 


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