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Se oggi i metallari dalla mentalità più aperta sono soliti distinguere
il black in gruppi "true" e gruppi di "frocetti" buona parte di questo
scisma è merito dei Dimmu Borgir. Ingiustamente accostati ai Cradle of
Filth, la band norvegese ha a mio avviso veramente poco e niente da
spartire con i colleghi albionici. Intanto, primo punto evidentissimo,
l'uso delle vocals: il modello uomo lucertola Dani Filth manca
totalmente nei Dimmu Borgir visto che Shagrath dopo essersi cimentato in
uno screaming molto più vicino al black classico, a partire da E. D. T.
Si indirizza verso territori più aggressivi, a tratti vicini al cantato
growl. Le tastiere (il fattore determinante nello scisma della nera
fiamma) mancano totalmente di quel flavour gothic molto ammiccante per
diventare morbosamente depravate, con quel suono che pare così
rilassante in contrapposizione alla musica. E le differenze sarebbero
ancora lunghe da elencare, ma evidentemente poco o nulla interessa a chi
è solito giudicare superficialmente queste due band.
La storia dei Dimmu Borgir inizia in piena era black, mentre Darkthrone,
Mayhem, Satyricon ed Emperor vomitavano le loro pagane blasfemie la band
di Shagrath rinunciava fin dall'inizio a quel sound aggressivo e
violento, in favore di composizioni decisamente più melodiche con
larghissimo uso del pianoforte. For All Tid e Stormblast rappresentarono
la base, il punto di partenza dal quale la band iniziò il suo
controverso cammino musicale. Il suono, nonostante non si trattasse
affatto di black metal, era comunque gelido, freddo. Ma è a partire da
Enthrone Darkness Triumphant che il registro cambia: restano le melodie,
le tastiere, ma aumenta l'aggressività, si inizia ad intraprendere la
strada che li porterà a produrre un disco come Puritanical Euphoric
Misanthropia a metà strada tra black-death e thrash. L'album si apre con
gli inquietanti violini di Mourning Palace, uno dei brani più famosi
della band e che concentra un intero disco in soli cinque minuti, con la
sua dose di violenza e melodia. Gli stessi ingredienti che ritroviamo in
Spellbound, con un tappeto di tastiere che ricordano cattedrali
profanate e urla di disperazione, prima del finale molto heavy. Sì
perchè quello che forse rende particolare i Dimmu Borgir è il loro modo
di rendere estremi dei riff che in realtà sono figli di una tradizione
heavy metal, più che black; ecco quindi che anche In Death Embrace viene
costruita attorno ad un riff molto semplice, su cui si staglia un
tappeto di tastiere frenetico, che apre la strada ai momenti più
riflessivi in cui riappare anche il pianoforte. Relinquishment of Spirit
and Flesh, assieme a Master of Disharmony, rappresentano il lato più
aggressivo della band ma se la prima pare orientarsi più verso un
thrash-death, la seconda contiene degli elementi vagamente avvicinabili
al black, come alcune parti di batteria ossessive nella loro
ripetitività e dei riff di lontana ispiriazione Emperoriana. La stessa
ripetitività che troviamo, in modo assolutamente diverso in Entrance:
qui è la tastiera a creare un'atmosfera completamente irreale, priva di
spazio e tempo, oserei dire quasi romantica, su cui troneggia il
raggelante screaming di Shagrath. Personalmente lo ritengo uno dei
picchi compositivi più alti mai raggiunti dalla band norvegese, forse il
vero manifesto della loro musica, ancor più di Mourning Palace.
Impossibile non menzionare Tormentor of Christian Souls, non tanto per
l'aspetto prettamente musicale (non aggiunge nè toglie nulla al disco)
quanto per la vergognosa censura che ha ricevuto il testo della canzone
in buona parte dei paesi in cui il disco è stato distribuito. Ed infine,
a chiudere l'album, ci pensano due brani riflessivi e ricchi
d'atmosfera: A Succubus In Rapture va scemando lentamente nella sua
iniziale carica aggressiva, mentre Raabjørn speiler draugheimens skodde
(unico pezzo in norvegese rimasto) è una versione rimodernizzata di un
brano presente nel primo demo della band. Qui lo ritroviamo meno grezzo
e molto più raffinato e se ciò gli fa sicuramente guadagnare punti in
quanto ad atmosfera creata, non si può non preferire la versione
presente su Inn I Evighetens Morke (vinile del '94) per la sua
spontaneità.
Da Enthrone Darkness Triumphant ha preso il via tutto, sembra quasi che
di Stormblast e For All Tid sia rimasto poco o nulla ed oggi i Dimmu
Borgir sono diventati una delle band più famose della Norvegia, con
riconoscimenti ed awards piovuti copiosamente. Inutile continuare a
dibattere su una loro presunta appartenenza al movimento black, quest
album è e resta comunque un piccolo gioiellino capace di suscitare
emozioni. Che poi siano diverse da quelle che può suscitare un album
black old style questo è un altro discorso.
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