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Molti criticano questo disco. L'accusa, che viene (ovviamente) dai
defender del "true norwegian Black Metal", è sempre la stessa: questo
non è black metal. Il che probabilmente è vero, nel senso stretto del
termine, ma la risposta che mi viene spontanea ad una simile accusa è:
ma chi se ne frega?!? Personalmente adoro il black di Emperor, Mayhem,
Darkthrone e compagnia e posso, in linea di principio, essere d'accordo
con chi addita i Dimmu come dei parziali poser, ma quando si scrive un
album così, tutto il resto passa in secondo piano. Procediamo con
ordine; è il 1999 e i Dimmu Borgir sono reduci dall'uscita di un must
come "Enthrone Darkness Triumphant", acclamato universalmente come un
album grandioso; il tastierista Stian abbandona il gruppo, per motivi
non molto noti; al suo posto nella band entra un conoscente dello stesso
Shagrath, tale Mustis che pare ci sappia davvero fare con lo strumento.
La formazione è completata dal chitarrista australiano Astennu, un
grande musicista, autore di idee pregevoli nonché vero e proprio animale
da palcoscenico (vedere i video dei tour dal 1997 al 2000 per credere) ,
e dai vecchi membri Silenoz (chitarra ritmica) e Tjodalv (batteria) ,
nonché dal bassista Nagash, che lascerà il gruppo poco dopo per
dedicarsi a tempo pieno ai suoi Kovenant. Il risultato è uno dei dischi
più belli e suggestivi che i Dimmu Borgir abbiano mai scritto, che in
termini di ispirazione e direzione musicale può essere paragonato ad un
"Enthrone Darkess Triumphant" più elaborato; caratteristica di tutti gli
album dei Dimmu Borgir è sempre stata la melodia, cui ha molto
contribuito il lavoro di tastiera, parte integrante del sound della band
e anzi, spesso, strumento guida anche in fase di stesura e composizione.
Ebbene, le parti scritte da Mustis per questo capitolo della storia
della band norvegese sono le più ricercate che i Dimmu abbiano mai
sfoggiato fino a questo momento; la tastiera è qui lo strumento
principale, tessitrice di atmosfere costantemente in bilico fra il
decadente e l'orrorifico, completata da una grande ricerca di effetti e
suoni stupefacenti. L'opener "Reptile" è basata tutta su partiture
meravigliose, terrificanti ed evocative come non mai, sulle quali si
inseriscono il furioso drumming di Tjodalv (qui alla sua migliore prova
su disco) e l'allucinante screaming di Shagrath; prima novità è la
presenza di vocals pulite, ufficialmente opera dello stesso Shagrath, in
pratica cantate dal futuro bassista della band, ICS Vortex, proveniente
dai Borknagar. La melodia quindi la fa da padrona, ma ciò non toglie
nulla in termini di impatto al disco, come mostra la devastante "Behind
the Curtains of Night – Phantasmagoria" (la colonna sonora perfetta per
un horror) o la tellurica "The Blazing Monolights of Defiance", che
nelle sonorità anticipa alcune soluzioni riprese poi nelle future uscite
discografiche del gruppo. Sperimentazioni più ardite sono presenti nella
monumentale "The Insight and the Catharsis", uno dei momenti più alti
della discografia dei sei, ricca di stacchi e di influenze differenti;
un avvio veloce, guidato da un fraseggio di piano, vede Shagrath
inserirsi violentissimo per poi lasciare spazio a cori puliti
spettacolari, seguiti da un continuo alternarsi di break melodici
(vedere l'apertura centrale per sola tastiera) e terribili crescendo,
culminanti nell'esotico e titanico finale. Spunti interessanti e davvero
anomali per i Dimmu Borgir sono presenti nella splendida "Arcane
Lifeforce Mysteria", un pezzo dalle accennate venature prog per
struttura e sonorità, mentre momenti più ragionati si trovano nella
melodica "Dreamside Dominions", dallo splendido solo di chitarra della
dissolvenza, o in "The Promised Future Aeons", dall'intro suggestivo.
Insomma, questo disco non è black metal? E allora? Si tratta di un
lavoro stupendo, ricercato nelle strutture, ben concepito in fase di
songwriting e di arrangiamento; tanto basta a giustificare l'acquisto.
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