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Scritto da: Giancarla Vietti | Discuti sul FORUM | ||
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Gianfilippo Usellini Per celebrare la biblioteca, come istituzione viva di cultura e di (in)formazione, come scrive il Direttore Aldo Pirola, in occasione del Congresso Mondiale Ifla, è stata scelta l'opera di Gianfilippo Usellini, "pittore milanese, amato dagli scrittori per i suoi contenuti narrativi e teatrali". "Per il suo valore simbolico ed evocativo, il dipinto La biblioteca magica, realizzato negli anni '50, è stato proposto come titolo della mostra, voluta e allestita lungo lo Scalone monumentale della Sala Grechetto. In quest'opera, sotto la volta di una storica Sala di Consultazione, personaggi storici e letterari, sono rappresentati, mentre dialogano idealmente tra loro, determinando il superamento dei confini spazio/temporali tra i testi della biblioteca, che appartengono alle diverse tradizioni culturali ed aree linguistiche." L'opera suscita lo stupore, che nasce davanti all'arte. Rivela una grande modernità, che vive nello spazio alto, aereo, del dipinto,"prefigurazione di quello virtuale". Icaro e Pegaso volteggiano insieme esprimendo quella complementarietà tra mito e scienza, fantasia e tecnologia, cui si può accedere tra i magici scaffali. Le Biblioteche Magiche di Usellini, sono più d'una e si possono ammirare ampiamente all'interno di questa mostra. Esse racchiudono nella vastità della cultura rappresentata, valori ed ideali che l'artista ha approfondito in altri dipinti e che ,con intuitive ed originali figurazioni, lanciano messaggi di alta moralità, di severa, ironica denuncia. "Il sogno del suggeritore, dopo il Faust di Goethe", "La fine dei liberi pensatori", "Le zucche", "La mela atomica", sono i titoli delle opere, che sottolineano, nella maestria della pittura, quanto sia assurdo vivere nella mancanza di libertà di pensiero e nella minaccia di deleteri ordigni nucleari. Tanto è esaltante, quindi, tutto ciò che favorisce e incrementa la cultura e il progresso, quanto è esecrabile tutto ciò che lo osteggia e lo distrugge. E' il dramma dell'umanità che deve saper scegliere tra bene e male, in una consapevole riconquista della beatitudine di una pace perduta. Così spiega e interpreta Fanny Usellini. "La fine dei liberi pensatori" Notevole interesse suscita "La fine dei liberi pensatori". Sulla grande tela, in un'atmosfera di rarefatto silenzio, sono rappresentati semplici tuberi di patata, che iniziano a formare i propri germogli. Nelle curve e nei solchi del tubero ingigantito, magistralmente dipinto, Usellini ha visto la fronte e gli occhi, ossia la mente e lo sguardo, di chi, vivendo prigioniero di un regime totalitario, non ha più la possibilità di pensare e di esprimersi autonomamente e liberamente. Sullo sfondo, l'orizzonte è infinito, tra cielo e mare, come simbolo della libertà negata, senza la quale, l'uomo non potrà mai dare il meglio di se stesso. La prima opera su questo tema è datata 1959. In questo lavoro si realizza quella universalità e quella perenne modernità, che è segno distintivo proprio dell'opera d'arte. E' un pensiero figurato vivo oggi, in questo momento, là dove sappiamo esistere regimi autoritari, violentemente negatori della libertà. Si può andare ancora oltre. Usellini rappresenta e pre-sente, già a metà del secolo scorso, quella dimensione esistenziale, che è il perenne rischio radente dell'uomo contemporaneo occidentale. La fine del libero pensiero, la riduzione dell'uomo, non esiste solo all'interno di società apertamente totalitarie. Parliamo di "società manageriali, i cui abitanti, ben nutriti, ben vestiti, vedono soddisfatti i loro desideri e non hanno altri desideri che possano essere soddisfatti, automi che seguono senza essere forzati, che sono guidati senza capi... Questa alienazione ed automatizzazione portano a pazzia sempre crescente. La vita non ha significato, non c'è gioia, né fede, né realtà. Ognuno è "felice", solamente...non sente, non ragiona, non ama." (Erich Fromm) Il pericolo del passato era che gli uomini diventassero schiavi. Il pericolo di oggi è quello disegnato da Usellini, su questa tela. La sua denuncia è politica e sociale. Essa è silente, ma abbacinante, se non, addirittura, capace di destare un senso di claustrofobia. In un tubero dipinto, dietro quegli occhi, la forza del pensiero trattenuta e costretta, sembra calma, ma è volontà di uscire ed esplodere.
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