Il Neocolonialismo
Il termine "neocolonialismo" indica quei rapporti politici ed economici
volti a ristabilire il controllo e lo sfruttamento da parte di una
grande potenza su quei territori che in passato erano stati sotto il suo
dominio.
I paesi colonizzati dalle grandi potenze europee credevano che una volta
raggiunta l'indipendenza sarebbero scomparsi tutti i vecchi mali di cui
soffrivano e avrebbe avuto inizio un'era di prosperità e giustizia, ma
lo sviluppo economico e sociale era subordinato all'industrializzazione,
per la quale mancavano le condizioni essenziali: capitali, manodopera e
infrastrutture, quindi occorrevano grossi finanziamenti che non potevano
venire che dai paesi ad economia avanzata. Perciò i governi che si
trovarono alla testa dei "paesi nuovi" dovettero ricorrere alla
collaborazione delle ex-potenze coloniali e stringere con esse accordi.
Con la fine della seconda guerra mondiale gli ultimi grandi imperi
coloniali europei cominciavano a dissolversi e diveniva predominante il
neocolonialismo, fenomeno attualmente noto per l'assenza di sistemi
istituzionali di controllo. Ne sono esempio gli Stati Uniti d'America
che possono influenzare la politica economica di molti stati del Terzo
Mondo, grazie al proprio potere economico e al controllo esercitato su
organismi internazionali come la Banca Mondiale o il Fondo Monetario
Internazionale e la WTO.
All'origine del neocolonialismo vi sono ragioni economiche, politiche e
ideologiche.
La motivazione economica è la più importante: uno stato cerca di
dominarne altri per reperire materie prime, forza lavoro e trovare
mercati per la propria produzione.
Ci furono anche motivazioni ideologiche: l'espansione europea
ottocentesca veniva considerata missione civilizzatrice di popoli più
avanzati verso quelli più arretrati.
Il parametro con cui normalmente si misurano gli effetti del
neocolonialismo rimane sempre quello economico: gli investimenti
occidentali, i prestiti, le politiche commerciali e i programmi di
"aiuto" hanno lo scopo di proteggere gli interessi politici e strategici
degli imperialisti e di mantenere economicamente deboli i paesi in via
di sviluppo e quindi farli dipendere dal neocolonialismo.
Questa situazione si aggrava quando il governo locale preferisce, in
nome del proprio interesse, che il loro paese resti una debole
dipendenza delle potenze capitalistiche, piuttosto che avviarsi verso il
socialismo.
A causa del “libero commercio” internazionale molti paesi del Terzo
mondo esportano solo quello che l'Occidente è disposto a comprare ma
quanto più si esporta, tanto più aumenta la povertà per molti e la
ricchezza per pochi. L'export infatti, per essere competitivo, deve
appartenere a grandi aziende, le quali, tutte private e dotate di grandi
mezzi, tendono a inghiottire i piccoli appezzamenti terrieri, pagando
dei salari da fame ai loro dipendenti. I contadini hanno poco o niente
da mangiare, o perché non hanno la terra in proprietà o perché ne hanno
in misura insufficiente (quella che coltivano -di proprietà dei
latifondisti- produce beni alimentari destinati all'export e non al loro
fabbisogno alimentare), oppure perché i salari che ottengono come
braccianti agricoli sono troppo bassi per poter comprare gli stessi
prodotti alimentari al mercato urbano o altri prodotti occidentali
importati.
L'Organizzazione Mondiale del Commercio, OMC (World Trade Organization)
è un'organizzazione internazionale delle Nazioni Unite creata allo scopo
di supervisionare numerosi accordi internazionali relativi al commercio
internazionale.
Alla fine degli anni '90 il WTO è diventato il principale oggetto delle
critiche e delle proteste dei movimenti no-global per diversi motivi:
promuove la globalizzazione dell'economia ed il “commercio libero”,
privilegia le multinazionali e le nazioni sviluppate.
Molti critici sostengono che la mancata partecipazione “volontaria” crea
disagi ed esclusioni creando un sistema internazionale di leggi
economiche rigide.
Anche il potere decisionale è stato criticato, in quanto accusato di
essere usato dai “Grandi Membri” per esercitare un'eccessiva influenza
sugli stati più deboli.
Inoltre i critici ritengono che alcuni degli stati membri abbiano
ratificato i trattati del WTO senza seguire un iter democratico ovvero
anche a detrimento degli interessi dei propri cittadini o dell'ecologia
locale. Sebbene questo problema sia reale resta comune a tutto il
sistema internazionale che resta composto da stati che non rispondono ai
criteri democratici.
D'altra parte e' facilmente comprensibile come rapporti di forza
fortemente sbilanciati nello scenario economico globale finiscano per
determinare - in mancanza di regole etiche di controllo sui salari
minimi, sul rispetto dell'ambiente, sulle regole sindacali ecc. - il
soccombere delle economie in difficoltà nonostante le oggettive
potenzialità produttive, di risorse umane e naturali.
|