- Angra - |
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Immagine | Album | Track list | |
Holy Land Gruppo: Angra Genere: Power Metal Etichetta: Rising Sun Durata: 56:49 Data d'uscita: 1996 Voto: 7 |
1. Crossing - 2. Nothing to Say - 3. Silence and Distance - 4. Carolina IV - 5. Holy Land - 6. The Shaman - 7. Make Believe - 8. Z.I.T.O. - 9. Deep Blue - 10. Lullaby for Lucifer |
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RECENSIONE | |||
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Esorditi nell'ormai lontano 1993 con l'ottimo "Angels Cry", gli Angra rappresentano una delle poche formazioni distintasi nel calderone delle power metal band esploso a metà degli anni novanta; melodici e tecnicamente preparatissimi, i brasiliani mettono in luce con il disco d'esordio un sound che parte dal power senza però rimanervi invischiato, mescolando alle partiture caratteristiche del genere elementi mutuati dalla musica etnica del loro paese. I tour e le vendite giovano alla salute della formazione, che in breve tempo concepisce un fortunato seguito, "Holy Land", uno dei dischi più suggestivi che l'ultimo scorcio dei novanta abbia mai regalato al mondo. Cinque musicisti eccelsi ed ispirati, così si presentano gli Angra di "Holy Land", cinque musicisti che non hanno avuto paura di sperimentare nel senso vero e puro del termine; prendete le classiche cavalcate power metal, l'hard rock dei seventies, qualche spunto di matrice prog, musica classica, sonorità etniche brasiliane e mescolate tutti questi elementi insieme. Un gruppo mediocre produrrebbe un minestrone colossale senza né capo né coda; un gruppo come gli Angra è invece partito da queste basi per costruire il proprio sound, forgiando un vero e proprio affresco in musica, un concept sulla colonizzazione dell'america latina forte di un sound unico, assolutamente irripetibile. Power metal, dicevamo: "Nothing to Say", una cavalcata dal riff magistrale; la rapidissima "Z. I. T. O.", Con i solos più belli che la coppia Loureiro-Bittencourt abbia mai regalato ai suoi fan; "Deep Blue", ovvero una ballad alla maniera degli Angra, con momenti di delicato lirismo assai suggestivi. Meno ortodosse (ma più interessanti) sono le ardite contaminazioni che ritroviamo nella title-track, un vero caleidoscopio di influenze differenti: pianoforte, fiati, inserti etnici assortiti, archi e percussioni; di gran classe il lavoro di batteria di Ricardo Confessori, uno dei drummer più sottovalutati della scena, nato appunto come percussionista (e si sente) e divenuto proprio grazie agli Angra un maestro dello strumento, ottimo anche sulla doppia cassa ed eccellente nelle dinamiche. Se gli insoliti crescendo della splendida "Silence and Distance" non vi soddisfano, passate all'episodio che, da solo, giustificherebbe l'acquisto del disco, l'incredibile suite "Carolina IV"; l'attacco etnico del pezzo, con percussioni e sonorità esotiche in primo piano, ha lasciato spiazzato più di un ascoltatore, così come il suo dipanarsi: una cavalcata tiratissima con tappeti di doppia cassa, tastiere e chitarre sparate che sfocia nel break centrale, ove si alternano fiati, momenti soffusi (in cui la scena è occupata dal solo pianoforte) e nuovi crescendo con gli archi. "Holy Land" è universalmente riconosciuto come l'apice creativo degli Angra, successivamente calati con il mediocre "Fireworks" e con gli ultimi (a mio avviso scadenti) "Rebirth" e "Temple of Shadows", che vedono una formazione rimaneggiata per 3/5 (superstiti della band originale i soli chitarristi) . Magistrale ed immancabile per chiunque, appassionati di power e non... |
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